DARIO CRIPPA
Cronaca

Concorezzo, quella cassa di noce rubata la notte di Giovedì Santo

Furti sacrileghi nella chiesa e nella casa parrocchiale fin dal 1600

Concorezzo, via Battisti dove sorgeva un tempo la chiesa parrocchiale

Concorezzo (Monza e Brianza), 10 giugno 2018 - Per povertà o sacrilegio, per un tozzo di pane o infauste suggestioni da negromanti da strapazzo.

La Brianza è sempre stata terra di furti sacrileghi, oggetti sacri, arredi, ma anche ostie consacrate. Da Carlo Sala, l’ultimo eretico condannato a morte nel 1775, che depredava un po’ per spregio e un po’ per bisogno le chiese della Brianza e del Milanese, fino alle recenti Bestie di Satana, che una decina di anni fa si lanciarono in sgangherate messe nere e riti malefici sfociati in tre delitti. Insomma, motivazioni e modalità possono essere le più disparate, ma la bianca Brianza sembra da sempre attrarre determinati generi di crimini. E setacciando le antiche cronache di libri e giornali si scopre come il piccolo borgo di Concorezzo negli ultimi secoli sia stato più volte teatro di simili foschi scenari. In fondo, anche la famigerata setta eretica dei Catari ebbe il più grande centro del Nord Italia proprio a Concorezzo, il paese dei fabbricanti di aghi.

 

LA STORIA

Quindici aprile 1683. Giovedì Santo. È l’imbrunire quando alla vecchia casa parrocchiale di Concorezzo venne fatta una scoperta sconcertante, che allarmò abitanti e fedeli del piccolo borgo di Concorezzo. Il curato Bellati, con la matrigna Maria e il suo famiglio, era andato a tenere la consueta predica in parrocchia. Al suo ritorno ebbe però una sorpresa inattesa: qualcuno aveva incredibilmente chiuso il portello della canonica col catenaccio dall’interno, tanto che il religioso riuscì ad accedere alla casa parrocchiale soltanto dopo aver preso una scala dal muro divisorio, chiedendo aiuto al garzone e al massaro, la cui abitazione era proprio confinante. Una volta all’interno, si scoprì che qualcuno, passando dall’uscio della cucina, lo aveva preceduto per svaligiare la casa, e si era portato via in particolare una cassa di noce in cui erano state riposte 750 doppie “di peso di Spagna”. Nel corso delle indagini, dopo aver denunciato l’episodio anche al prevosto di Vimercate, si trovarono anche i ferri del mestiere adoperati dai ladri: una candela di cera da chiesa un po’ consumata, una scala di legno, un’asta di ferro e un'aguccia di ferro. Altro non si scoprirà.

I furti sacrileghi non sono mai stati una rarità per questo territorio, basta spulciare vecchie cronache per avere contezza di come la chiesa e la casa parrocchiale di Concorezzo siano stati sovente oggetto di episodi criminali. Un altro furto nella chiesa parrocchiale viene compiuto mercoledì 17 marzo 1706. Viene schiodato il catenaccio e i ladri, una volta penetrati nella chiesa rompendo una finestra della sacrestia e spaccando addirittura il muro, si portano via alcune pianete di damasco bianco e rosso, 12 torce di cera da 12 libbre ciascuna e altre suppellettili di valore. Si scopre che il furto dovrebbe essere stato commesso attorno alle 5 del mattino. I sospetti toccano il custode della chiesa, un pregiudicato, ma almeno ufficialmente non se ne saprà più nulla.

E di furto sacrilego si torna a parlare nel 1879. Stavolta a fare scalpore è anche il periodo prescelto, vale a dire qualche giorno prima di Natale, il 18 dicembre, in piena Novena. Ed è il coadiutore del parroco a scoprire, spalancando il tabernacolo per l’esposizione del Santissimo ai fedeli, che qualcuno lo ha da poco svuotato. E ha rubato l’ostensorio con l’Ostia Santa e una pisside d’argento piena di particole. È già buio al momento della scoperta e il curato, subito avvertito, annuncia “l’infame sacrilegio”. Il popolo scoppia in pianti e lamenti, vengono fatte intonare litanie alla Madonna. Il parroco riesce a frenare a stento i più arrabbiati del paese che quella stessa notte vorrebbero gettarsi per strada a cercare i ladri. Il giorno dopo si diffonde a un tratto la notizia che sarebbero state ritrovate le particole, almeno quelle, e sul posto ad adorarle commosso si era fermato un altro sacerdote, coadiutore ad Agrate, passato di lì per caso: a circa un chilometro dal vecchio cimitero, dove per ricordare il fatto venne posta in seguito una lapide. E ancora una pisside e l’ostensorio verranno rubati il 27 novembre del 1918. Anche qui, lo sconcerto tra i fedeli è generale, il parroco fa suonare a lungo le campane, il giorno seguente addirittura gli stabilimenti rimangono chiusi. Le particole saranno ritrovate giorni dopo sotto un cascinotto nei pressi della cascina San Bernardo e i vasi sacri nel letto del Lambro.