
Il ghepardo aggredisce il guardiano
Monza, 27 novembre – Anche Monza ha avuto uno zoo. Due volte. Negli anni Trenta, idea ambiziosa del Regime fascista, che lo impiantò nel Parco ma che per problemi economici fu costretto a tornare sui propri passi dopo una breve permanenza. E di nuovo nel 1943, quando per un paio d'anni nel Parco vennero sfollati alcuni animali dello zoo di Milano, per salvarli dai bombardamenti degli Alleati.Molti ricordano ancora qualcosa di quell'epoca, ma in pochi forse sanno che nel 1943 a Monza si visse anche una autentica tragedia, quando un ghepardo scappò dalla sua gabbia e uccise il guardiano dello zoo.
Ricostruiamo quegli eventi.Marterì 18 settembre 1943, è pomeriggio quando in città si diffonde il panico.Da qualche tempo, per via dei bombardamenti che colpiscono Milano, il suo zoo è stato sfollato e gli animali che ospitava sono stati temporaneamente trasferiti nel Parco di Monza, c’è chi dice nella zona delle tribunette dell’Autodromo, chi dice invece nelle vecchie gabbie di quello che sul finire degli anni Trenta era stato il parco faunistico ai Giardini della Villa Reale. Martedì pomeriggio però succede l’inimmaginabile. Un ghepardo sbrana uno dei guardiani nel Parco e fugge. Vittima è il povero Cesare Fedeli, 70 anni, residente in via Giulini 7, ex bidello e ora custode a tempo perso: sarà lui a fare le spese nella maniera più atroce della fuga del ghepardo dalla sua gabbia.
La sua famiglia, non vedendolo tornare a casa a mezzogiorno, gli aveva fatto portare la colazione dal figlio. Il mancato rientro a casa del custode era una cosa evidentemente già capitata in altre occasioni, nulla di cui temere. Quel giorno però la scena cui si trova davanti il figlio è spaventosa: quando arriva in zona, si imbatte nel padre a terra, orrendamente dilaniato. Il cancelletto della gabbia del ghepardo è aperto e dell’animale non c’è più traccia. Ci vuole poco a comprendere cosa sia successo. Il figlio sconvolto si precipita a dare l’allarme a una guardia del Parco alla porta di Vedano al Lambro.Vengono avvisate le autorità e si decide di chiudere immediatamente tutti i cancelli del Parco.
Intanto vengono avvertiti anche gli abitanti delle cascine all’interno del Parco di rimanere chiusi nelle proprie abitazioni. E si apre la più grande battuta di caccia che fosse mai stata organizzata all’interno del Parco di Monza, a cui partecipano fra gli altri i carabinieri di Villasanta, i bersaglieri, le guardie giurate.Per oltre un’ora vengono perlustrate con la massima prudenza tutte le zone boschive limitrofe alla gabbia, senza però risultato.Ritornati i battitori al punto di partenza per decidere il da farsi, l’attenzione del geometra Capponi, la massima autorità in quegli anni nella gestione del Parco di Monza, vengono attirate da due grandi occhi che sbucano tra i cespugli, puntati sul gruppo di uomini; l’animale a cui appartengono quei due fari accesi si trova all’interno di un piccolo recinto vicino alle tribunette - così raccontano i giornali dell’epoca - che aveva ospitato sino a quel momento alcuni conigli. Si tratta del ghepardo, ovviamente, che dopo aver fatto strage dei conigli si era accovacciato nel recinto a spiare le mosse dei battitori.
I battitori si dispongono allora a semicerchio attorno al recinto, mentre il geometra Capponi sale su una scaletta per vedere meglio dall’alto la belva, che però nel frattempo ha abbassato il capo e si è acquattata come a nascondersi.A rivolvere il momento di impasse ci pensa il proprietario dello zoo, l’unico forse che aveva dimestichezza a trattare con i suoi animali e che era stato intanto chiamato da Milano. Appena giunto sul posto, l’uomo sale sulla tribunetta. Da lì, individuata una fessura attraverso la quale prendere la mira con il suo fucile, centra con un colpo solo il grosso felino.In un ultimo sussulto il ghepardo ha il tempo di effettuare un balzo, gettando il panico fra i battitori, ma subito dopo si abbatte a terra morto stecchito. Ha così fine la battuta di caccia più strana e terrorizzante che la gente di Monza possa ricordare.