"Gianni non è qui solo perché c’è un guasto all’ascensore. Ma credo che quando gli parlerò, a casa, si limiterà a un’alzata di spalle. Non è una notizia che sconvolge la nostra quotidianità". Gianni Vattimo su tutta questa storia si era già espresso filosoficamente: "Non mi importa un fico secco". Aveva anche spiegato di "non essere rincoglionito", al punto di essere circuìto.
Ieri però il tribunale di Torino ha condannato in primo grado il suo amico e assistente Simone Caminada a due anni di reclusione e 900 euro di multa (la Procura aveva chiesto 4 anni) per circonvenzione di incapace. A 87 anni il filosofo del pensiero debole ed ex parlamentare è rimasto ad aspettare la sentenza nel suo appartamento. In aula c’era stato a dicembre come testimone, per ribadire di non riconoscersi nella narrazione di anziano affetto da problemi psichiatrici. La tesi dell’accusa era che il collaboratore avesse approfittato della sua fragilità, descrivendolo in uno stato di "totale dipendenza psicologica, misto alla paura della solitudine e alla consapevolezza di non potere più provvedere a se stesso". Il pm Dionigi Tibone aveva anche criticato il provvedimento con cui la Corte d’Appello di Torino, nel 2021, aveva revocato l’amministratore di sostegno.
L’assistente quasi quarantenne ha sempre respinto le accuse, Vattimo ha continuato ad applicare una soave ironia nei mesi in cui era considerato incapace di intendere e di volere, influenzabile, rimbambito. Si era lasciato psicanalizzare con un fastidio pieno di contegno, anche scherzandoci sopra: "Mica si può chiedere a un matto se è matto". Secondo i periti sarebbe stato in grado di interpretare la realtà e analizzare il mondo ma non di autodeterminarsi nella sfera personale. A lui, il filosofo italiano più tradotto al mondo, uno che a 85 anni aveva mandato alle stampe le 2.637 pagine della sua opera omnia, ancora si divertiva con Heidegger e di Nietzsche, si candidava alle amministrative da comunista azzuffandosi con il la destra.
Il 12 dicembre dell’anno scorso la Procura bloccò l’unione civile della coppia a Vimercate, in Brianza, dopo l’altolà dei periti: evidenziavano "patologie che portano a un deficit sul piano previsionale, esecutivo e della capacità di autodeterminazione. Un disturbo depressivo aggravato dal Parkinson". Ieri all’imputato sono state concesse le attenuanti generiche. Il tribunale però, contrariamente alla prassi, non lo ha informato sulla possibilità di ricorrere a pene sostitutive della detenzione perché "non vi sono i presupposti". All’uscita dall’aula anche Caminada l’ha presa anche lui in maniera filosofica: "Non penso si tratti di discriminazione. Piuttosto che è stata falsata la verità". Per caso si è mai pentito di qualcosa? "Ci siamo pentiti quando a Roma, in occasione dell’80º compleanno di Gianni, da un monastero ci hanno detto: se volete siete nostri ospitì. E noi non abbiamo approfittato".