Il Museo e Tesoro del Duomo non è solo una straordinaria raccolta di oggetti d’arte sacri, ma è anche prezioso scrigno del sapere che si tramanda nei secoli.
È la Biblioteca Capitolare di Monza, un centro culturale di straordinaria importanza sia per la quantità (fissato già negli anni Sessanta dallo studio di Belloni e Ferrari in 253 manoscritti, di cui ben 176 anteriori al 1500) sia per la qualità del materiale che custodisce.
La prima testimonianza relativa alla presenza di codici presso la Basilica di San Giovanni Battista è la lettera del 603 di Papa Gregorio Magno a Teodolinda, in cui viene menzionato il dono di un evangelario, di cui è tuttavia rimasta solo la celeberrima sovracoperta.
A partire dalla sua fondazione, il complesso è stato un polo di intensa attività culturale e didattica, orientata alla formazione del clero, come conferma la presenza di codici destinati alle celebrazioni liturgiche e alla formazione scolastica. Tra i pezzi più importanti conservati c’ è il codice illustrato “De ratione temporum“ del Venerabile Beda (XI sec), il Codice Purpureo, oltre a codici gotici miniati e codici musicali. Accanto ai manoscritti, ci sono opere a stampa, incunaboli e cinquecentine (edizioni a stampa del XVl secolo). Tra le chicche, anche la lettera originale compilata il 26 agosto del 1591 per l’ingresso in convento di Maria Virginia De Leyva, la Monaca di Monza di manzoniana memoria. Fa invece parte dei carteggi della Fabbriceria la lettera dell’arciprete che si lamentava perché Giuseppe Verdi, dopo avere vinto il concorso per maestro di cappella, non si è mai presentato al lavoro.
La biblioteca è aperta agli studiosi che fanno domanda; al pubblico solo per occasioni speciali, come le visite guidate “Ville Aperte in Brianza“.
C.B.