Sette società nei settori dell’edilizia, della logistica e delle pulizie, attive per un breve periodo, prima di essere abbandonate in stato di insolvenza, gravate di debiti erariali che non venivano saldati. E il denaro veniva monetizzato con prelievi giornalieri di contante agli sportelli bancomat da due prestanome brianzoli e poi direttamente consegnati alle famiglie della ‘ndrangheta radicate a Pioltello.
Per questa vicenda ieri in tribunale a Monza si è tenuta la discussione del processo abbreviato davanti alla giudice per le udienze preliminari Francesca Bianchetti. La Procura ha chiesto 4 anni di reclusione per Giovanni Maiolo, 46 anni, nipote del boss Cosimo Maiolo, 58 anni (già condannato nella maxi inchiesta Infinito e poi a 13 anni dopo la recente indagine sui collegamenti tra clan e politica per le ultime elezioni comunali a Pioltello in cui è stato condannato anche il nipote a 8 anni e 10 mesi).
La pena di 2 anni e 4 mesi è stata invece chiesta per A.B., 47 anni, con dimora nel Vimercatese, ritenuto un prestanome insieme a D.T., 42 anni, la cui posizione è stata stralciata. La sentenza del processo a gennaio. In un’operazione della Guardia di Finanza di Monza a marzo Giovanni Maiolo era stato raggiunto dal provvedimento di custodia in carcere da detenuto, mentre i due presunti prestanome erano finiti ai domiciliari.
I finanzieri avevano anche sequestrato oltre 2 milioni di euro. Secondo l’ordinanza del gip monzese Gianluca Tenchio, "il ruolo di Giovanni Maiolo quale amministratore di fatto delle società risulta da diverse fonti di prova". Innanzitutto, le "dichiarazioni dei dipendenti delle società interessate e dei soggetti operanti nelle società clienti, che hanno indicato Maiolo come il soggetto con cui si rapportavano". Ma soprattutto "gli accertamenti bancari", da cui emerge che i due ai domiciliari "erano prestanome per conto e su indicazione del Maiolo, movimentavano il denaro delle società da loro formalmente amministrate, pur non avendo reale ruolo operativo".
Anche le intercettazioni telefoniche "hanno confermato come il dominus fosse Maiolo, che dirigeva i complici". Intercettato, uno dei due si lamentava con la madre per essere stato ingannato da "certe persone" che poi l’hanno lasciato con due società intestate e un sacco di guai con Inps e Inail. "È palese – scrive il gip – che l’indagato stava parlando di attività illecite, tenute per conto di terzi che gli hanno fatto intestare le ditte e poi lo hanno messo nei guai".