BARBARA CALDEROLA
Cronaca

Il Beato don Mario rivive in un film. Prima per il documentario su Ciceri

Davanti anche all’arcivescovo Mario Delpini il lavoro sul sacerdote appena innalzato agli altari dal Papa. Nel cast i fedeli del paesino adove aveva esercitato il "pretino" che salvò i preseguitati dai nazisti.

Il Beato don Mario rivive in un film. Prima per il documentario su Ciceri

Prima per il docu-film “Beato don Mario Ciceri, una vita per gli altri”.

Protagonista, il "pretino" di Sulbiate, occhialini e profilo deciso, che l’anno scorso papa Francesco ha voluto fra i santi della Chiesa.

Nel cast, i fedeli del paesino alle porte di Monza, dove il sacerdote, nato a Veduggio, esercitò il ministero. Sono loro che hanno raccontato le tappe di una vita straordinaria. Alla proiezione in oratorio ha partecipato anche l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. Sullo schermo, l’opera toccante firmata dal regista Marco Finola che "fissa gli episodi salienti della vita del nostro beato" spiega Gigi Corno, presidente dell’associazione che dal 1990 si occupa di custodirne la memoria. Nella pellicola c’è tutto, l’uomo schivo e semplice, abituato ad aiutare i più deboli senza clamore.

"Il bene fa poco rumore, il rumore fa poco bene", era solito ripetere lui. Dentro, ci sono l’eroe, il giusto e la sua parabola. Fra i momenti decisivi, il miracolo, che grazie alla tenacia della devozione popolare, l’ha proiettato agli onori degli altari, il salvataggio di Raffaella Di Grigoli, nel 1975.

La bambina, ricoverata al Valduce di Como, aveva un’anomalia del colon e diversi interventi l’avevano portata in articulo mortis, la zia preoccupata per le sue sorti parlò con la sorella del prete morto 30 anni prima e la donna fece portare alla piccola un foulard appartenuto al fratello e pregarono. La bimba guarì. La Congregazione dei Santi ha riconosciuto il nesso di causalità fra le invocazioni del parroco e l’esito della malattia. Don Ciceri è stato a fianco dei più poveri durante la guerra, dei perseguitati dai nazisti e dai fascisti, tanto che nel 1985 ha ricevuto la Medaglia d’oro al valore civile per la Resistenza.

"Chissà cosa avrebbe detto se l’avesse vista", si chiedono ancora oggi i suoi concittadini. La sua figura appartiene alla memoria collettiva da quando è morto, 78 anni fa. Solo una manciata di sulbiatesi sopravvissuti al tempo l’ha conosciuto "il suo gran cuore, la sua generosità sono state tramandate di padre in figli fino a noi. Quando è cominciata la canonizzazione non sapevamo dove ci avrebbe condotto", ricorda Corno. A chiudere il percorso è stato Bergoglio, nel 2020. "Don Mario? È il santo della porta accanto", dice don Stefano Strada, che ne ha raccolto l’eredità e oggi guida la parrocchia. È tutto nel film.