STEFANIA TOTARO
Cronaca

Il delitto del ballatoio a Desio. Accoltellò il padrone di casa. Condannato a 15 anni in assise

Il trentenne cubano Johnatan Fals Reyes uccise Iulian Avadani con 37 colpi: pensava che gli avvelenasse il cibo. Sconterà la pena in una struttura psichiatrica giudiziaria perché dichiarato parzialmente incapace di intendere.

La casa di ringhiera teatro dell’orrore in pieno centro a Desio La Procura aveva chiesto la condanna a 20 anni

La casa di ringhiera teatro dell’orrore in pieno centro a Desio La Procura aveva chiesto la condanna a 20 anni

Ha ucciso con 37 coltellate il romeno 48enne che gli aveva affittato una stanza in una casa di ringhiera in pieno centro a Desio, perché era convinto che gli avvelenasse il cibo.

Per l’omicidio che risale al giugno dell’anno scorso di Iulian Avadani, ieri la Corte di Assise di Monza ha condannato a 15 anni di reclusione Johnatan Fals Reyes, cubano di 30 anni.

L’imputato è stato fermato dai carabinieri poco dopo l’aggressione mortale mentre si allontanava portando con sé le sue cose dentro tre valigie. Ancora detenuto in carcere, è stato ritenuto responsabile di avere ucciso la vittima dopo averla buttata a terra sul ballatoio. Una perizia psichiatrica l’ha dichiarato parzialmente incapace di intendere e di volere "con volontà grandemente scemata" al momento del fatto, nonché socialmente pericoloso, quindi i giudici hanno disposto che venga inviato in una struttura psichiatrica giudiziaria. La Procura aveva chiesto per il cubano la condanna a 20 anni di reclusione, togliendo l’aggravante inizialmente contestata dei futili motivi dopo l’accertamento della seminfermità mentale e non riconoscendogli le attenuanti generiche per il fatto di non avere confessato l’omicidio e non essere stato collaborativo.

"Alcuni testimoni l’hanno riconosciuto dopo averlo visto buttare, avvolto nei vestiti dentro un cestino dei rifiuti, il coltello su cui c’erano le sue impronte – ha detto il pm monzese Alessio Rinaldi – Lui ha sempre negato l’aggressione, dicendo che i testimoni erano amici della vittima". Le attenuanti generiche sono state invece concesse dalla Corte. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Pierpaolo Cassarà, aveva chiesto in prima istanza che venisse approfondita la perizia psichiatrica disposta al processo (in udienza preliminare una prima perizia aveva concluso per la piena capacità di intendere e di volere) in quanto l’analisi degli esiti della patologia psichiatrica di disturbi ossessivi e persecutori di cui soffre il 30enne, sin dall’adolescenza assuntore di droghe, è stata eseguita con il paziente sottoposto ad un "pesante" carico di farmaci "che addormenterebbero un cavallo". In seconda istanza il legale chiedeva l’assoluzione dell’imputato in relazione a questa circostanza e agli "elementi labili" di prova a suo carico.

"Ha raccolto il coltello per buttarlo, ma nessuno l’ha visto aggredire la vittima. Se l’avesse colpito con 37 coltellate, i suoi vestiti sarebbero stati intrisi di sangue. Ad uccidere Iulian Avadani è stata più di una persona", sostiene il legale. Tra 90 giorni le motivazioni della sentenza.

Intanto hanno ottenuto la condanna al risarcimento danni le due figlie della vittima che si sono costituite parti civili al processo con l’avvocata Serena Miceli. Se la condanna diventerà definitiva e l’imputato risulterà nullatenente, sarà un fondo dello Stato a risarcire parzialmente le due sorelle.