REDAZIONE MONZA BRIANZA

Il delitto di San Rocco e i baby killer: "Ma Gambino non c’entra nulla"

I legali preparano il ricorso in Appello: "Non è stato il mandante"

"Giovanni Gambino non c’entra nulla con l’omicidio di Cristian Sebastiano e va assolto". Ne è convinto l’avvocato Stefano Gerunda, pronto a dare battaglia il 22 novembre davanti alla prima sezione della Corte di Assise di Appello di Milano per ribaltare la sentenza della Corte di Assise di Monza che ha condannato a 30 anni di reclusione per concorso morale in omicidio volontario e rapina il 45enne tossicodipentente monzese vicino di casa e amico del 42enne Cristian Sebastiano, ucciso il 29 novembre 2020 con una trentina di coltellate da un 14enne e un 15enne, anche loro consumatori abituali di droga, sotto i portici dei palazzi popolari del quartiere San Rocco e rapinato di 5 grammi di cocaina e, forse, anche 1.000 euro di pensione di invalidità. Secondo i giudici monzesi Giovanni Gambino è stato mandante e istigatore dell’omicidio commesso dai due baby killer, mentre non vi è prova certa che sia stato anche l’autore della telefonata alla vittima da una cabina telefonica il giorno del delitto per prendere l’appuntamento-trappola per la consegna della cocaina. Circostanza che ha fatto cadere l’accusa di concorso materiale nell’omicidio. Il legale ha presentato ricorso in appello sostenendo che l’omicidio gira tutto intorno al 14enne, che da tempo andava in giro a dire che voleva ammazzare Sebastiano perché lo aveva iniziato al consumo di stupefacenti e addirittura una volta gli aveva venduto cocaina tagliata male, ma con cui aveva anche debiti di droga. Prima di tutto, secondo l’avvocato Gerunda, manca il movente. "Sebastiano e Gambino erano amici da tempo e si frequentavano quotidianamente, tanto che un’abitante del quartiere che è stata testimone dell’omicidio e ha dato l’allarme ha dichiarato di essere convinta che fossero cugini", sostiene il legale. Sulla frase sentita da un testimone "vai e rapinalo" che Gambino avrebbe detto al 14enne, "di certo il 14enne aveva già deciso autonomamente di passare all’azione e non aveva bisogno dell’avallo di un adulto, tantomeno di un adulto come l’imputato, ultimo degli ultimi, tossicodipendente senza denaro, non certo il boss del quartiere", conclude Gerunda.

S.T.