Dal Brianza Rock Festival del 2015 a Manu Chao, poi l’edizione 2016 del Gods of Metal, il doppio concerto di Ligabue e due edizioni degli I-Days con band come Radiohead, Sigur Ros, Green Day o Linkin Park. Poi la musica è finita. Troppo complicato, per gli organizzatori dei grandi eventi, scegliere il Parco come “arena“. Paletti e costi più alti che altrove. Ma il live di Bruce Springsteen ha risvegliato i sogni di rock’n’roll di Monza. Che da anni, dai tempi del doppio Ligabue, non ha mai fatto mistero di voler trasformare il pratone della Gerascia in un’area attrezzata per i grandi concerti. Per ogni evento occorre chiedere l’autorizzazione per portare i cavi elettrici e i servizi igienici, fare allestimenti e poi smontare tutto. Così i costi vanno alle stelle. Il Parco non è un museo. La musica non ha mai inquinato. E il progetto non sarebbe invasivo: bisognerebbe prevedere le vie di accesso e di fuga, percorsi illuminati, servizi igienici e interrare una rete di cavi una volta per tutte. Attrezzare gli otto ettari della Gerascia significherebbe per Monza potersi rimettere sul mercato. Sono più di cinque anni che se ne parla, ma mai nessuno ha elaborato un progetto concreto. Lo aveva suggerito la Regione, lo aveva chiesto anche il Parco Valle Lambro e l’aveva sperato anche l’ex sindaco di Monza. Ma gli interventi non sono mai andati in porto. E gli organizzatori dei grandi eventi hanno preferito altre aree attrezzate della zona milanese per i maxiconcerti estivi. Con il Boss si è rotto il digiuno per Monza e stavolta bisognerà capire da chi gestisce parco e autodromo se sarà l’ultimo grande evento estivo, oppure il primo di un nuovo modo di organizzarli.
Marco Galvani