Rinviati a giudizio i sei dipendenti Trenord per il convoglio fatto deragliare alla stazione ferroviaria di Carnate. Lo ha deciso ieri la giudice del Tribunale di Monza Angela Colella al termine dell’udienza preliminare. Di disastro colposo e lesioni personali colpose sono accusati il capotreno, il macchinista e due addetti alla manutenzione, mentre due dirigenti sono imputati di tentati depistaggio e frode in processo penale. Il 19 agosto 2020 il convoglio, proveniente da Milano Porta Garibaldi e diretto a Paderno Robbiate, giunto a fine corsa alla stazione, si era invece rimesso in moto da solo mentre gli addetti erano andati al bar a bere il caffè. Fortunatamente c’era un unico passeggero a bordo, Salak El Mansouri, che si era addormentato e se l’era cavata con contusioni per 40 giorni di prognosi. Il passeggero si era costituito parte civile nel procedimento penale, ma nell’attesa di ottenere giustizia è deceduto per motivi non legati alla vicenda giudiziaria ed è stato necessario rintracciare gli eredi, alcuni rimasti nel Paese di origine, per l’eventuale risarcimento dei danni. Questo è stato solo uno dei motivi per cui questo procedimento penale tarda ad arrivare a conclusione a tre anni e mezzo dal fatto ed espone al rischio di prescrizione. Altri rinvii li ha causati prima il fatto che il pool di esperti in disastri ferroviari scelto dalla Procura monzese per la perizia tecnica sul deragliamento è praticamente l’unico che opera sul territorio nazionale ed era impegnato su più fronti giudiziari e poi ci si sono messi di mezzo pure i disagi causati dalla pandemia da Covid. Secondo la Procura di Monza, coordinata da Claudio Gittardi, il treno Trenord 10767 “veniva lasciato incustodito senza inserimento di freno di stazionamento e di freno a molla. Essendosi verificata un’anomala ricarica della condotta generale del freno continuo, il convoglio, privo di personale di bordo, riprendeva autonomamente la sua corsa in direzione Milano e terminava la corsa alla stazione di Carnate sviando sul tronchino, sfondandolo e deragliando sul terrapieno“.
Secondo gli inquirenti il disastro è stato causato anche dalla “condotta del personale della squadra manutentiva che aveva da poco sottoposto a revisione l’impianto frenante, senza riscontrare il malfunzionamento“. Inoltre sarebbe emerso “come alcune figure dirigenziali di Trenord srl, intuita la causa del guasto, al fine di ostacolare le indagini sul disastro ferroviario, abbiano fatto rimuovere dal relitto della vettura semipilota - e poi occultato - il rubinetto del freno ed il rubinetto di intercettazione“. Accuse negate dagli imputati, che avevano chiesto il proscioglimento dalle accuse e ora affronteranno il dibattimento fissato a luglio. Trenord in una nota dichiara di “prendere atto del rinvio a giudizio“ e che “l’azienda continuerà a sostenere i propri dipendenti coinvolti nelle indagini con adeguate tutele, ma con piena fiducia nell’attività della magistratura, convinta che sarà fatta chiarezza sugli effettivi comportamenti delle persone coinvolte“.
Trenord evidenzia che il gip di Monza ha confermato l’archiviazione per l’alta dirigenza aziendale. "A fronte di una puntuale attivazione dei meccanismi di verifica e di intervento previsti, non risulta possibile muovere un rimprovero di carente organizzazione in capo ai dirigenti o, comunque, ai preposti indagati“. Quanto all’operato dei dirigenti indagati, intervenuti per una verifica dei sistemi frenanti del convoglio, “attività doverosa secondo le prescrizioni normative e regolamentari che disciplinano la sicurezza delle ferrovie, l’azienda ritiene che la fase dibattimentale saprà chiarire l’adeguatezza delle loro azioni“.