
Viaggio nell’edificio U28 dell’Università Milano Bicocca a Monza. Qui 120 giovani scienziati e professori lavorano su progetti innovativi. con l’obiettivo di sviluppare tecniche per la medicina di precisione.
Si chiama U28, un nome che sembra un codice asettico per un edificio grigio e squadrato, apparentemente anonimo, alle spalle dell’Icrrs San Gerardo. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Basta varcare la soglia per capire che qui si lavora sul futuro: siamo nella Casa della Ricerca dell’Università Milano Bicocca, quattro piani di laboratori, microscopi a forza atomica, freezer allarmati capaci di scendere a meno 80 gradi dove conservare campioni irripetibili, organi e tessuti, stampanti in 3D e robot.
Ogni giorno dal 2018 a oggi 120 ricercatori e professori qui lavorano fianco a fianco su progetti innovativi, come la nanomedicina, la proteomica e la metabolomica, con l’obiettivo di sviluppare tecniche per la medicina di precisione. I ricercatori progettano nanoparticelle per la diagnosi e la terapia di tumori e malattie neurologiche, e sviluppano tecniche di imaging molecolare per diagnosi più precise. Studiano modelli di tessuti umani tramite bioprinting 3D, con l’ambizione di creare organi funzionali. E c’è un fisico che ha mandato un esperimento nello spazio per studiare le proteine coinvolte nelle diverse patologie in assenza di gravità.
Quattro piani proiettati sul futuro, impossibili con il terzo in coabitazione con il Cnr e altri spazi in collaborazione con il colosso brianzolo della cosmetica Intercos. Joint Lab Intercos-Unimib è un laboratorio condiviso, dedicato alla ricerca avanzata nel settore cosmetico, una collaborazione che si concentra sull’impiego di materie prime sostenibili, sull’analisi degli equilibri tra la pelle e l’ambiente e sulla creazione di nuovi effetti cosmetici che uniscono estetica e benessere. L’iniziativa integra competenze accademiche e industriali per sviluppare soluzioni innovative e scientifiche di alta qualità all’insegna della sostenibilità. In U28 lavorano anche i designer di nanoparticelle: sono i ricercatori di nanomedicina dei dipartimenti di Medicina e Chirurgia, Biotecnologie e Bioscienze, Fisica e Scienza dei Materiali. Le loro ricerche sono incentrate soprattutto sulla terapia dei tumori e delle malattie del sistema nervoso centrale. Si mettono a punto nuovi dispositivi per terapia genica, immunologica e per ablazione termica (ipertermia), per la terapia della Sla e dell’Alzheimer. Francesca Re e Silvia Sesana lavorano al laboratorio di nanomedicina con alcuni dottorandi: "Disegniamo dei veicoli di dimensione nanometrica per la veicolazione di farmaci in maniera mirata a cellule o tessuti specifici", semplificano.
Il microscopio a forza atomica utilizzato dal gruppo del professor Francesco Mantegazza lascia a bocca aperta il profano: basti pensare al fatto che la punta è fatta al massimo da una decina di atomi, il milionesimo di un granello di sabbia. "Stiamo utilizzandolo per valutare le proprietà meccaniche di un gel che verrà usato come base per far crescere delle cellule e simulare le diverse soluzioni", spiegano Domenico Salerno e Riccardo Campanile, impegnati nello studio delle proprietà meccaniche di alcune cellule modificate dalla leucemia, allo scopo di valutarne la resistenza a un farmaco.
Il gruppo di ricerca di proteomica sta studiando invece una nuova tecnica di imaging-molecolare mediante spettrometria di massa (guidata dal professor Fulvio Magni) per migliorare la diagnosi del tumore della tiroide e del rene. L’imaging mediante spettrometria di massa permette di ottenere una rappresentazione visiva spaziale della composizione molecolare di un campione biologico, complementare a quella morfologica. Le due immagini, ottica e molecolare, sono sovrapponibili e ciò facilita il trasferimento dei risultati della ricerca in applicazioni cliniche. Attualmente, in Italia ci sono solo due centri ad avere questa tecnologia.
Ricerca ma anche educazione, con un po’ di fantasia, grazie a un progetto che debutterà a maggio. Si chiama “Salviamo una tiroide“, è curato dal team di ricercatori che punta a ridurre il numero di interventi non necessari sulla tiroide, utilizzando anche l’intelligenza artificiale per migliorare la diagnosi. Un progetto selezionato nell’ambito di Biunicrowd, il programma di crowdfunding dell’ateneo. "È un progetto che stiamo portando avanti dal 2016, di ricerca e divulgazione – spiega Giulia Capitoli, team leader –. Il culmine sarà la creazione di una escape room dedicata a questo tema".