VERONICA TODARO
Cronaca

La ex cava torna a respirare: ecco 500 nuovi alberi

Una nuova boccata d’ossigeno per la Piana del Novale, le aree recuperate alla funzione agricola già nel 2018, a sud...

Una nuova boccata d’ossigeno per la Piana del Novale, le aree recuperate alla funzione agricola già nel 2018, a sud...

Una nuova boccata d’ossigeno per la Piana del Novale, le aree recuperate alla funzione agricola già nel 2018, a sud...

Una nuova boccata d’ossigeno per la Piana del Novale, le aree recuperate alla funzione agricola già nel 2018, a sud del Centro sportivo comunale, al posto della cava, grande un decimo di tutto il territorio comunale. Il Gruppo Autostrade per l’Italia ha infatti aderito a una iniziativa di riforestazione: 500 tra nuovi alberi e arbusti sono stati piantati nell’ex cava (nella foto) per fornire ossigeno e riparo dal caldo d’estate, assorbendo l’anidride carbonica. Le piantumazioni rientrano nell’ambito della Campagna nazionale Foresta Italia, promossa da Rete Clima e con il sostegno di Tecne, cuore ingegneristico del Gruppo Aspi che pone quest’azione all’interno della sua strategia Esg, Environmental (ambiente), Social e Governance, tre dimensioni fondamentali che consentono di verificare, misurare e valorizzare il reale impatto in termini di sostenibilità di una impresa. La forestazione urbana era partita nel 2002 per ricreare l’habitat naturale tipico di diverse specie di piante, animali e uccelli.

Ora, con le nuove piantumazioni, nella Piana del Novale è stata promossa una strategia innovativa creando una BioForest, cioè una foresta orientata alla tutela della biodiversità animale e vegetale, realizzata secondo la tecnica delle Tiny-Forest o Miyawaki Forest, che promuove la crescita rapida delle piante in un ecosistema particolarmente vitale e reattivo. L’area sarà curata da Rete Clima per tre anni, assicurando la crescita sana e robusta delle piante. L’ecosistema foresta fornisce diversi benefici. Non solo assorbe e immagazzina anidride carbonica, mitigando il cambiamento climatico, ma in contesti urbani ed extraurbani migliora la qualità dell’aria perché assorbe anche gli inquinanti, riduce l’effetto isola di calore grazie sia all’ombreggiatura sia alla traspirazione e fotosintesi del fogliame, tutela la presenza di terreno permeabile all’acqua, sempre più scarso nelle città con effetti potenzialmente pericolosi. E può diventare un vero e proprio hotspot di biodiversità, specialmente se progettata, realizzata e mantenuta ad hoc. Il progetto, di più ampio respiro, che vedrà l’ultimazione nel 2030, avrà una superficie complessiva di circa 40 ettari.

Veronica Todaro