
La donna tornerà in Aula a novembre Vicenda scoperta grazie a un’analisi dei movimenti finanziari della scuola
Né il Ministero dell’Istruzione né la scuola si sono costituiti parti civili all’udienza preliminare al tribunale di Monza per l’ex assistente amministrativa in servizio all’istituto Don Rinaldo Beretta di Giussano: la donna è accusata di essersi intascata quasi 156mila euro in tre anni con una serie di bonifici dalle piattaforme in uso alla scuola mascherati da "mandati di pagamento" per servizi informatici mai realizzati o per l’acquisto "di beni" mai effettuati. F.D., 54 anni, ieri voleva chiudere i conti con la giustizia penale con un patteggiamento, ma la pena da concordare con la Procura per peculato prevede la restituzione delle somme che si intendono sottratte, impossibile perché i suoi conti correnti sono stati sequestrati. Quindi la 54enne ha dovuto scegliere come alternativa il processo con il rito abbreviato, che prevede lo “sconto” di un terzo sulla pena in caso di condanna, e dovrà ripresentarsi a novembre davanti al giudice Andrea Giudici insieme a due familiari ritenuti a loro volta corresponsabili perché le somme indebitamente sottratte sarebbero finite su conti correnti a lei intestati ma anche "cointestati" ai parenti stretti. Secondo la pubblica accusa F.D., che poi è stata licenziata dalla scuola (la cui dirigente è risultata estranea ai fatti contestati), dal 2021 al 2023, nella sua qualità di "assistente amministrativa di ruolo facente funzioni di Direttore dei servizi generali e amministrativi", e quindi da ritenersi "incaricata di pubblico servizio", si sarebbe appropriata delle somme di denaro predisponendo ed eseguendo "113 mandati di pagamento" in assenza di "giustificazioni o adeguate causali". I tre imputati sono difesi dall’avvocata Elisa Grosso di Seregno, secondo cui l’accusa di peculato è da escludere nei confronti dei familiari della donna, ritenuti inconsapevoli dell’origine illecita delle somme versate a loro favore. Ora spetterà al giudice decidere se accogliere la tesi difensiva.
Come riportato dalla sentenza della Corte dei Conti, i bonifici emessi da F.D., dei cui importi era stata "vanamente chiesta la restituzione", avrebbero dovuto coprire "acquisti" che la donna avrebbe fatto per la scuola oppure "rimborsi indicati nei mandati di pagamento" per beni vari o servizi informatici. Tuttavia, le indagini non avrebbero trovato "alcuna documentazione giustificativa" per quelle cifre. Alla 54enne il tribunale di Monza aveva già disposto un sequestro parziale all’apertura delle indagini e successivamente i giudici contabili hanno imposto un ulteriore sequestro a suo carico. La vicenda è stata scoperta dopo un’analisi dei movimenti finanziari della scuola. Gli investigatori hanno rilevato un flusso di bonifici camuffati da spese per servizi che in realtà non erano stati né richiesti né realizzati.