La Procura si oppone all’assoluzione del presunto mandante e istigatore dell’omicidio commesso dai due baby killer e presenta ricorso davanti alla Corte di Cassazione. È stato condannato a 30 anni di reclusione dalla Corte di Assise di Monza, ma poi scagionato dalla Corte di Appello di Milano, dopo due anni e mezzo trascorsi in carcere, Giovanni Gambino (nella foto), 43enne tossicodipentente vicino di casa e amico del 42enne Cristian Sebastiano. Gambino ha sempre negato l’accusa di concorso morale nel delitto e lo scagionano pure i due baby killer. Contro di lui numerose voci riferite in un tam tam tra i ragazzi del quartiere, secondo cui è stato l’imputato a telefonare da una cabina telefonica alla vittima per farlo presentare all’appuntamento con la morte.
Ma in aula queste voci si sono trasformate in “non ricordo“ o “l’ho sentito soltanto dire“ da tutti i ragazzini chiamati a testimoniare. Nell’aprile 2021 era scattato il fermo per il 44enne monzese. Il suo difensore, l’avvocato Stefano Gerunda, ha parlato di "chiacchiericcio" che non ha trovato conferme e di un "buco" nelle indagini perché i presunti contanti che sarebbero stati rapinati alla vittima non sono mai stati trovati. I giudici d’appello hanno accolto questa tesi e hanno assolto, con la formula dell’insufficienza di prove, l’imputato, che è stato scarcerato dopo oltre due anni dietro le sbarre e che ora potrebbe chiedere un risarcimento per ingiusta detenzione. Ma prima dovrà attendere il vaglio finale dei giudici della Cassazione, a cui si è rivolta la Procura generale per ribaltare l’ultima sentenza.
S.T.