È entrata in ospedale a Desio come allieva infermiera all’inizio del mese di settembre 1977. Laura Primativo, dopo oltre 47 anni di servizio, ha deciso di andare in pensione all’età di 64 anni. Il 31 dicembre per lei inizierà una nuova vita. Poteva compiere già questo passo nel 2020, quando era in possesso di tutti i requisiti, ma non se l’era sentita: nel pieno dell’emergenza Covid ha scelto di pensare agli altri prima ancora che fare valutazioni sulla sua vita privata.
"Ancora oggi continuo ad amare la mia professione come se fosse il primo giorno – racconta – e sinceramente avrei voluto proseguire fino al raggiungimento dei limiti di legge. Un solo anno in più. Con tutte le incertezze che ci sono sulla pensione e sulle eventuali riforme, mi sono rassegnata. Il 31 dicembre ripiegherò il mio adorato camice da coordinatrice. Auguro a tutte le nuove infermiere di continuare ad amare negli anni la professione infermieristica come l’ho amata io". Già 9 anni diceva in famiglia che "da grande" avrebbe scelto quella strada. Sembrava una di quelle tante frasi dei bambini, ma lei non scherzava proprio. A 16 anni e mezzo ha varcato la soglia dell’ospedale di Desio per iniziare il percorso di formazione e la sua attività sul campo. Da lì, professionalmente parlando, non è più uscita.
"Ho fatto i turni, anche da sola in notturno, in medicina maschile con 52 pazienti da vegliare durante la notte, erano camere da 4 letti e i bagni erano nel corridoio in condivisione fra tutti i pazienti ricoverati. Non c’erano tendine fra un letto e l’altro".
Dopo il diploma nel 1980 e dopo 4 anni nel reparto di Medicina, è diventata coordinatrice infermieristica e insegnante della didattica nella scuola di infermieri professionali per 12 anni, accompagnando al diploma un centinaio di persone tuttora in servizio all’ospedale di Desio. "A quei tempi – ricorda l’infermiera – c’erano ancora le suore che gestivano tutta l’organizzazione. Erano molto rispettate, ma avevano l’abitudine di nascondere tutto il materiale monouso sotto chiave. Tra questo materiale anche gli aghi per le iniezioni intramuscolari. Così si era costrette a usare gli aghi in acciaio, qualche volta anche un po’ spuntati, che erano poi riutilizzabili all’infinito una volta sottoposti al lavaggio e alla sterilizzazione all’interno di speciali cestelli di acciaio". Medicina di altri tempi, che oggi sembra preistoria e che tuttavia è stata d’aiuto a tante persone.
"Ricordo di aver praticato strane terapie analgesiche – racconta Primativo – utilizzando coppette di vetro in cui si mettevano batuffoli di cotone imbevuti di un particolare olio a cui si dava fuoco. Le coppette venivano applicate sulla schiena, il fuoco si estingueva immediatamente per l’assenza di ossigeno e quelle restavano attaccate alla pelle per effetto del sottovuoto che si era creato. In ortopedia, invece, per lenire il dolore alla colonna vertebrale si mettevano cinghie attorno al collo e alla nuca: venivano tenute per ore con lo scopo di tenere in allungamento la colonna vertebrale".
Nel 1996, dopo la maternità e la chiusura della scuola per infermieri, è stata assegnata al centro prelievi e alla sala donatori, annessi al laboratorio analisi diretto dal professor Paolo Mocarelli, diventato il maggior esperto al mondo nello studio della diossina dopo l’incidente di Seveso. "Sono fiera di avere lavorato con lui, così come con Stefano Signorini, grande pilastro di questo ospedale e andato in pensione anche lui a dicembre. Il nostro centro prelievi è sempre stato di alto livello. Le infermiere sono speciali". Nulla di certo, invece, riguardo al suo futuro. "Non so ancora cosa farò – confessa – ma non ho nessuna intenzione di abbandonare la professione infermieristica. Non mi sento vecchia. Ho ancora tanto da dare e da ricevere".