ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

Carcere di Monza, parla la direttrice: “Manca lo spazio vitale ma i detenuti vivono situazioni difficili anche post-reclusione”

Il sovraffollamento, la fatica a trovare un impiego e la recidiva delle dipendenze sono gli ostacoli più grandi. Il supporto religioso e gli interventi istituzionali cercano soluzioni

La direttrice del carcere di Monza, Cosima Buccoliero, ha sottolineato la vita all'interno della casa circondariale

La direttrice del carcere di Monza, Cosima Buccoliero, ha sottolineato la vita all'interno della casa circondariale

Monza, 8 agosto 2024 – "Il problema alla base è il sovraffollamento". Cosima Buccoliero, direttrice del carcere di Monza, ci fa i conti ogni giorno: "Con un sovrannumero di circa 300 persone si creano situazioni complicate, soprattutto adesso con il caldo. A celle di due posti bisogna aggiungere un terzo posto in brandina, che praticamente annulla lo spazio per muoversi.

Considerando che l’istituto non è provvisto di aria condizionata, ma solo di ventilatori, le stanze diventano delle canicole, e questo aumenta il nervosismo e di conseguenza i litigi tra i detenuti".

L’impiego lavorativo complicato

Anche una volta usciti fuori dal carcere la situazione è difficile. "C’è un fenomeno di recidiva, e quindi di ritorno, notevole – continua la direttrice –, questo perché manca l’accompagnamento. I detenuti una volta fuori non sanno come muoversi, cosa fare per trovare lavoro. Quasi la metà di loro sono stranieri, di cui una parte non ha nemmeno regolari documenti per restare in Italia".

Spesso pure i percorsi virtuosi si interrompono: "Tante volte chi lavora in qualità di detenuto non riesce a proseguire quel lavoro fuori, perché garantire assunzioni senza più gli sgravi previsti per chi è in stato di carcerazione è complicato per gli imprenditori – puntualizza –. Inoltre spesso le aziende cercano lavoratori formati, specializzati, e tante volte gli ex detenuti mancano di queste prerogative".

L’ombra della dipendenza e il supporto religioso

C’è poi una grande ombra che condiziona il percorso di vita di chi entra ed esce dal carcere: la dipendenza. "Qui dentro contiamo più di 400 tossicodipendenti – rileva Buccoliero – e i servizi per curarli sono ancora troppo pochi. I detenuti si lamentano molto di questo. C’è il Sert, ma non basta. E fuori non ci sono comunità che li intercettino, esattamente come accade a chi ha problemi psichiatrici". In mezzo a tante difficoltà a dare un sollievo morale è la dimensione religiosa che si coltiva nell’istituto, a cui la direttrice Buccoliero è molto riconoscente. "Il nostro cappellano, don Tiziano Vimercati, ma anche il nostro ex cappellano, don Augusto Panzeri, ci danno una grandissima mano – afferma –, sono molto presenti spiritualmente e materialmente, facendo donazioni a chi è più povero. Aiutano anche noi operatori, standoci vicino dal punto di vista spirituale. Poi anche le associazioni cattoliche, i testimoni di Geova e la Chiesa evangelica danno il loro importante contributo".

L’istituzione del garante dei detenuti

Sul fronte, invece, della tutela giuridica dei detenuti, la giunta comunale ha di recente approvato, a luglio, un accordo tra il Comune, la Provincia e la Casa circondariale per istituire la figura del garante dei detenuti, che abbia lo scopo di vegliare sulle condizioni di vita dei carcerati e sull’eventuale mancato rispetto dei loro diritti, assicurandosi che la loro permanenza sia volta effettivamente alla riabilitazione e al ritorno alla comunità. Il bando per la sua nomina sarà in autunno.