
di Marco Galvani
Parafrasando Lou Reed, la parte più importante della sua religione è suonare e costruire chitarre. Perché Luciano Biasibetti ha sempre avuto un debole per "quell’oggetto misterioso che ho visto per la prima volta appoggiato sul divano di casa di amici e che mi ha cambiato tutto il mondo". Aveva 11 anni. E la sua rivoluzione è iniziata lì. La prima chitarra (classica), le prime band di cantina e a metà degli anni Sessanta a suonare nelle balere milanesi. Come colonna sonora, “Speedy Gonzales“ che "è stato il mio primo 45 giri", i Platters e i Diamonds che ascoltava sua sorella, “Apache“ degli Shadows. E ancora i Rolling Stones, "quell’extraterrestre di Jimi Hendrix che ho conosciuto quando nel ‘68 è venuto a suonare a Milano", i Black Sabbath ma anche il liscio.
"La musica mi piace tutta". Sono 60 anni che la ascolta, la suona e... la fabbrica. Perché da esperto disegnatore tecnico e appassionato creativo ha saputo vedere “un’opera d’arte“ nell’anima di oggetti apparentemente insignificanti e spesso destinati alla discarica. Così, in una serata di tango al circolo Arci Bellezza di Milano "ho visto un bellissimo flipper e mi sono detto: io da lì ci tiro fuori una chitarra. Mi sono immaginato un mondo parallelo in cui certe cose non sono state fatte".
E una manciata di anni fa è nata la prima chitarra realizzata utilizzando i pannelli dei vecchi flipper. "Hanno un legno nobile che produce un suono straordinario". Nella mansarda della sua casa-laboratorio progetta, disegna, ritaglia e intaglia. Le grafiche dei flipper, le lampadine ancora funzionanti, persino i pulsanti e il lanciatore a molla vengono utilizzati. Cura i dettagli in maniera maniacale. Con vanto. Perché sono pezzi unici. Che richiedono un lungo lavoro.
Un’arte che va oltre la “semplice“ liuteria musicale. E che ha conquistato persino Nashville, la music city tra country, honky tonk, negozi e studi di registrazione che hanno fatto la storia della musica. Tanto che proprio là, al Rumble Seat Music, Tom Petersson – bassista dei Cheap Tricks – ha comprato tre Flippercaster e un paio di bassi di Biasibetti. E sempre a Nashville "ho mandato alcuni modelli di una nuova serie, la Scooter-Tune". Un altro modello di design che ha alzato l’asticella. Con un design che, rispettando le geometrie quasi zen dello strumento, diventa un mix tra classica ed elettrica. Il corpo? Un evidente rischiamo al “cofano“ di Vespa e Lambretta.
Un omaggio all’Italia degli scooter, ma anche un richiamo alla vita e alla personalità di Biasibetti, quando "con un amico pittore frequentavamo Brera e ancora non c’erano i finti bohémienne". Con un modello dedicato al movimento Mods e l’inconfondibile bersaglio stilizzato basato sul simbolo della Royal Air Force come logo, e un altro ispirato al filone Racing.