STEFANIA TOTARO
Cronaca

Varedo, night club sotto processo: “Un locale a luci rosse? Qui solo drink e balletti”

I titolari di un circolo privato sono accusati di sfruttamento della prostituzione. In tribunale due cameriere che lavoravano per loro raccontano un’altra verità. “Appena qualche cliente provava a spingersi oltre veniva subito allontanato”

I titolari di un circolo privato sono accusati di sfruttamento della prostituzione

I titolari di un circolo privato sono accusati di sfruttamento della prostituzione

"Non si potevano fare atti sessuali, era una delle regole che venivano dette subito alle ragazze e se un cliente si avvicinava interveniva subito un collaboratore che lo invitava ad andarsene perché c’erano le telecamere che riprendevano tutto". A raccontarlo ieri davanti ai giudici una ragazza dell’Est che ha lavorato nel night club di Varedo ora al centro di un processo al Tribunale di Monza perché ritenuto luogo dove si ‘vendevano’ giovani donne, italiane e straniere, costrette secondo l’accusa a vendersi per soldi in un circolo privato nel retro di un ristorante dotato di una sala bar, locali privé e una vip room con al centro una vasca idromassaggio.

Imputati a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione un 76enne e un 49enne padre e figlio e un 51enne, ritenuti i gestori del night club. Per questa stessa vicenda hanno già patteggiato la pena concordata con il pm della Procura di Monza Marco Giovanni Santini rispettivamente di 4 anni e 4 mesi e di 2 anni l’albanese direttore del locale notturno e un complice tuttofare. La presunta rete illegale era stata scoperta nel 2020 dai carabinieri di Saronno, che avevano fatto scattare gli arresti. A fare partire le indagini una delle presunte vittime, una giovane italiana residente nel Varesotto, che ha raccontato di essere stata costretta ad assumere alcol e droghe e che gli imputati approfittavano delle difficoltà economiche delle ragazze a cui offrivano un lavoro per poi farle prostituire. Circostanze negate dalle testimonianze di alcune ragazze che in quel periodo lavoravano nel night club chiamate in aula dalla difesa degli imputati.

"Sono andata lì perché lavoravo poco e cresco mio figlio da sola – ha detto la giovane dell’Est –. Prima di iniziare ho parlato con un collaboratore che mi ha detto che se non mi comportavo bene perché bevevo troppo era prevista una multa. Se te la sentivi potevi avvicinarti a un cliente e chiedere se voleva compagnia, il guadagno era la metà del costo del drink. C’erano i privè dove si poteva stare più tranquilli e fare prendere una bottiglia, ma si poteva fare un balletto sensuale, se avevi voglia, ma niente di più. La vip room aveva la vasca idromassaggio, ti portavano champagne e frutta. Mi è capitato un ragazzo ubriaco che ha cercato di abbracciarmi e sono subito intervenuti ad allontanarlo. Ad una ragazza che aveva bevuto troppo e si è comportata male le è stato detto di prendere le sue cose e andarsene. A volte tra le ragazze c’era gelosia per questione di soldi ma non è mai stato un locale sporco dove fai anche sesso". "Entravo e uscivo dai privé e dalla sala idromassaggio perché portavo da bere e portavo via le cose usate e il cliente non poteva neanche aprire la camicia e interveniva qualcuno perché c’erano le telecamere", ha confermato una cameriera anche lei straniera. A dicembre la discussione del processo.