Gesti sconsiderati, senza pensare alle conseguenze. Secondo l’avvocata Stefania Crema, criminologa, della Rete Ali per l’infanzia e l’adolescenza, la spiegazione delle incursioni nelle scuole da parte di adolescenti va cercata nel cambio dei modelli culturali. "Persi i valori di riferimento chiari delle generazioni passate, i modelli identificativi si rifanno all’approccio narcisistico della cultura consumistica e mediatica, di personaggi altamente performanti e socialmente realizzati - spiega l’esperta - diversi da quelli del passato". Questi aspetti hanno finito per coinvolgere anche i genitori che hanno aspettative sempre più alte verso i ragazzi. Ciò innesca la reazione in generazioni già fragili, non più dominate dal senso di colpa che un tempo portava i giovani a ribellarsi e a opporsi alle regole proposte dalla società degli adulti, ma da un senso di vergogna che mette in campo strategie difensive, non adattive e funzionali al vivere sociale, ma disfunzionali e devianti anche se spesso banali. Di fatto i ragazzi che sono entrati alla scuola primaria Zara non hanno né rubato, né danneggiato apparecchiature; si sono limitati ad accendere i personal computer della scuola e a prendere le merende dai distributori. Però sono entrati abusivamente, infrangendo le regole. "I ragazzi - continua l’avvocata - non pensano a opporsi alle regole, ma a oscurare il senso di vergogna di non poter essere vincenti, all’altezza delle aspettative, perché non hanno gli strumenti adatti e a volte non ci provano neanche. I modelli proposti sembrano irraggiungibili. Scelgono la piccola devianza, nascondendo il loro senso di inadeguatezza dietro ad azioni stupide". Risulta difficile anche insegnare un semplice meccanismo di azione/reazione, perché si tratta della generazione nata e cresciuta all’ombra di Internet. Nell’esperienza dei ragazzi, tutto sembra ovattato e privo di conseguenze, tanto quanto un messaggio scritto in rete che apparentemente non ha conseguenze.
A queste considerazioni, Roberto Porro, psicoterapeuta della Rete Ali, aggiunge il fatto che tutto sia permesso. Un tempo, infatti, di fronte a una nota dell’insegnante i genitori rincaravano la dose, con una sgridata o una punizione. "Oggi i genitori sono più portati a scusare i figli - spiega il terapeuta - per giustificare se stessi e la propria incapacità educativa. Quindi, anche considerando una famiglia “normale“, cioè senza particolare disagio né stato di devianza, i ragazzi in famiglia ne escono vincenti e gesti sconsiderati vengono derubricati a giochi e bravate di poco conto". Per questo gli esperti della Rete Ali collaborano con oltre 80 scuole del territorio per sensibilizzare i ragazzi sui temi del bullismo, cyberbullismo, ma anche della legalità, ascoltando anche le loro fragilità, terreno fertile per escalation di teppismo.
Cristina Bertolini