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Una delle opere dell’artista lecchese Nicolò Tomaini esposte in mostra alla LeoGalleries di Monza
Dipinti che provano a stimolare l’attenzione e la riflessione del pubblico su come le tecnologie cambino profondamente gli uomini. Opere create con tecniche iperrealiste e gusto della provocazione, da parte di un artista che non addita soluzioni ma pone domande, sollecita reazioni di fronte a un mondo attraversato da tecnologie della comunicazione, reti social e realtà virtuale che ci allontanano dal vivente, rendendci protesi passive delle macchine. È quanto proporrà la mostra dal titolo “Ritratto di un illusionista“, una personale del pittore lecchese Nicolò Tomaini che verrà inaugurata domani alle 17.30 nei locali della galleria d’arte monzese LeoGalleries, con un intervento critico di Filippo Mollea Ceirano, che è anche il curatore dell’esposizione. Fresco reduce dal successo della mostra allestita al Museo Pinacoteca Crociani di Montepulciano, l’artista lombardo porta a Monza una selezione di lavori inediti, che sono riflessioni critiche sull’impatto delle nuove tecnologie nell’arte e nella società. "Tomaini - spiegano dalla LeoGalleries - indaga i modi in cui la tecnologia influenza e modifica profondamente la società, trasformandone le dinamiche e i rapporti personali. Le sue opere rappresentano scenari in cui il corpo umano è evocato come soggetto passivo e alienato da questa progressiva digitalizzazione". L’artista affronta la questione da due punti di vista. "Da un lato - racconta il curatore - rende immediatamente visibili le contraddizioni di un sistema in cui la macchina detta regole e ritmi all’essere vivente, dall’altro istiga al rifiuto di un tale sistema". Ecco quindi le serie dei “Caricamenti“ e i “Silicio“, con opere che combinano vecchi quadri e codici informatici, o “Le 120 giornate di Sodoma“, ossia pacchi Amazon parzialmente strappati da cui affiorano particolari delle tele lì contenute, o la serie “Luci senza paesaggio“. Tutte proposte in mostra per offrire un percorso carico di spunti critici sull’illusione, su ciò che è reale e su cosa è virtuale, "sull’alienazione che deriva da questo processo di tecnologizzazione". L’invito ai visitatori è di provare "a sentire, attraverso le opere, il proprio corpo svuotato della sua energia vitale, fatto a pezzi, lacerato e corrotto dalle schede madre, degradato nella sua rappresentazione. Si potrà così percepire con chiarezza l’inganno che stiamo vivendo". Lo stimolo è a uscire fuori dagli strumenti "che ci vengono messi a disposizione dallo stesso sistema che pretende di avere il controllo su tutto". La mostra resterà aperta fino al 15 marzo, con ingresso libero: viste dal martedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.