
Gina Lollobrigida
Monza, 2 giugno 2019 – Tribunale di Monza, 17 gennaio 1968. C’è molta agitazione in città in quei giorni, nella sonnolenta e perbenista Monza si attende con trepidazione l’arrivo di una autentica star: l’attrice Gina Lollobrigida, regina delle cosiddette maggiorate, sogno di molti Italiani ma anche stranieri non solo per le sue forme perfette, ma anche per il suo fascino che l’aveva immortalata sul grande schermo in diverse pellicole di grande successo.
Ma cosa ci doveva venire a fare la Lollo, come veniva ed è tuttora soprannominata l’attrice, in un’aula polverosa del Tribunale cittadino? Luigia Lollobrigida, in arte Gina Lollobrigida, era attesa per testimoniare ed essere sentita dal magistrato in un processo che lei stessa aveva intentato a una rivista patinata, della quale forse oggi non è rimasta grande memoria, che si intitolava Kent.
Una rivista mensile che aveva esordito nelle edicole pochi mesi prima, nel marzo del 1967, pubblicando fra le altre cose proprio un’intervista esclusiva alla Lollobrigida. Trattandosi però di una rivista – per così dire – un tantino spregiudicata e disinibita, con contenuti che sconfinavano anche nell’erotismo, l’intervista alla Lollo nazionale aveva assunto toni un po’ boccacceschi. Che si potevano intuire già dal titolo, sicuramente di grande impatto: “Adora i camionisti”. Foto gigante della Lollo. E occhiello: “Da New York un’intervista esplosiva e imprevedibile con Gina Lollobrigida”
A firmare il servizio era un giornalista londinese, tale Ton Richland. Per conto di un’agenzia di stampa inglese che aveva fornito il contenuto ai colleghi italiani. Peccato però che l’intervista fosse inventata di sana pianta. Falsa. Mai rilasciata.
La Lollobrigida se ne era quindi comprensibilmente e decisamente avuta a male. E in quel mese di maggio aveva querelato la nuova rivista milanese per diffamazione a mezzo stampa. A detta dell’attrice non solo l’intervista appunto non era mai stata rilasciata, né lei aveva mai parlato con quel giornalista inglese, ma in più i suoi contenuti potevano ledere l’onorabilità della attrice. Che nella denuncia affermava come l’articolo gettasse disonore su di lei sul piano morale, umano e professionale. «Io ho tenuto invece una condotta di vita esemplare, dedicandomi esclusivamente alla famiglia e al lavoro» aveva scritto nella denuncia. E non era certo quella mangiatrice di uomini che sembrava invece suggerire l’intervista.
Dunque, tornando al punto di partenza, in quei giorni a Monza c’era molta eccitazione all’idea di veder arrivare la Lollo a difendere la propria onorabilità. In realtà, in parecchi in città pare siano rimasti profondamente delusi quando l’attrice non si fece per nulla vedere, ma inviò (come era del resto prevedibile) i propri avvocati a sbrigare la fastidiosa pratica. E come andò a finire?
La Lollo aveva proprio ragione. Lo stesso direttore di quella rivista lo riconobbe in aula e presentò anche le proprie scuse. Risultato? La querela venne ritirata. E la rivista offrì bonariamente un risarcimento, in segno di riparazione a favore dei terremotati siciliani.