MARCO GALVANI
Cronaca

La "voce" dell’Autodromo resta ai box: va in pensione lo speaker Luigi Vignando

Ha raccontato per oltre 30 anni dal microfono della pista emozioni, drammi e vittorie dei campioni

Luigi Vignando

Monza - Per oltre trent’anni è stata la voce dell’autodromo. Le sue cronache che urlavano appassionate dagli altoparlanti puntati sopra paddock e tribune hanno raccontato il film delle gare lungo tutto il circuito quando ancora non c’erano i maxi schermi. I campionati minori, la Formula Uno. Anche la Superbike, non soltanto a Monza (finché il circuito ha ospitato le moto) ma, per la televisione, in tutti i round del Mondiale. Ha ‘cantato’ fino a perdere la voce le imprese ‘eroiche’ di piloti leggendari, si è battuto sempre per difendere – da chi lo ha messo in discussione - "l’autodromo più importante del mondo". Perché "qui è passata la leggenda e ancora oggi si scrive la storia".​ Perché «a Monza t utti i grandi campioni hanno cercato di lasciare la loro impronta incancellabile". Per questo Luigi Vignando, 63 anni cresciuti e vissuti respirando l’odore degli pneumatici e ascoltando i decibel dei motori, avrebbe voluto chiudere la sua carriera tagliando un doppio traguardo proprio nella ‘sua’ Monza. Ma una nuova legge lo costringe a restare ai box. ‘Gara’ finita. "In ottemperanza al principio di rotazione" il suo nome non può più essere scritto nella lista dei professionisti da selezionare per ‘speakerare’ in autodromo. "Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il giorno della pensione, ma speravo di poter fare ancora questi ultimi due anni speciali – confessa -: il 2021 con il 100° Gran premio d’Italia e il 2022 con il centenario dell’autodromo di Monza. Perché il Tempio della Velocità ce l’ho nel cuore e lì resterà sempre e comunque. L’autodromo mi ha dato tutto, in termini umani e professionali".

Lo ha cresciuto fin da quando, ragazzino, dopo la scuola andava ad aiutare in negozio Marco Veronesi, fotografo di Vedano e zio di Franco Scandinaro, operatore ufficiale della Formula Uno che girava le immagini dal podio e dalla corsia box (fu lui a riprendere il pauroso incendio al rifornimento della Benetton di Jos Verstappen nel 1994 a Hockenheim). «Lavoravo per Veronesi e lui mi premiava mandandomi il sabato e la domenica in autodromo a fare le foto delle gare con una Canon F1", ricorda Vignando. Che si rivede accovacciato alla staccata della variante Junior con in mano una radiolina per comunicare allo speaker i numeri delle auto in base all’ordine di passaggio. Era la metà dei Settanta. Quelli della Formula Monza dove, nel 1976, iniziò anche Michele Alboreto. Ci prese gusto, Vignando. Cominciò a lavorare per Radio Villasanta e "grazie a Romolo Tavoni, che allora era il direttore della Formula Monza, ho avuto la possibilità di commentare le gare per la radio da una piccola postazione ricavata sulle vecchie tribunette Fiat". Poi è arrivata la grande occasione. L’allora speaker, fresco di laurea in Medicina, non sarebbe più stato in grado di garantire la sua presenza e così Tavoni arruolò proprio Vignando. Per raccontare tutte le gare della stagione dell’autodromo tranne la Formula Uno.

«Non ho mai trattenuto la passione, nemmeno davanti a un microfono – racconta -. Entravo nella bagarre dei piloti, vivevo e facevo vivere agli spettatori la gara che in parte vedevo e in parte immaginavo perché allora non c’erano le immagini da tutte le zone del circuito". In un attimo la gente iniziò a parlare di questo ‘pazzo’ che commentava le gare con una foga appassionata. Alla brasiliana. Ad ogni gara arrivava preparato con informazioni di ogni genere sul campionato e sui piloti. E sai che tensione quando l’hanno promosso a speaker del Gran premio di F1. Anno 1989: vince Ayrton Senna con la McLaren, poi le due Ferrari di Gerhard Berger e Nigel Mansell. "Ogni Gp mi ha sempre tolto la voce e le più grandi emozioni me le hanno date proprio gli uomini della Formula Uno – assicura -. I complimenti di Flavio Briatore, la fiducia della Ferrari, l’incontro con Frank Williams nel suo ufficio". Difficile mettere ordine ai ricordi. Sfogli l’album e Vignando ricorda lo spaventoso incidente di Derek Warwik con la Lotus nel 1989: "Mi spaventai da morire, la paura me la portai dentro per un mese anche se il pilota uscì incolume". E poi "l’emozione e la commozione di tutti per la doppietta delle Rosse nel 1988, venti giorni dopo la morte di Enzo Ferrari", e "la pole strepitosa di Senna nel 1990 sulla pista vecchia: con quel tempo (1’22.533) mi fece paura da quanto dimostrò il suo talento e il suo coraggio".

L’esultanza, «come le 5 vittorie di Schumacher con la Ferrari", ma anche il peso di momenti difficili. Il 2001, l’anno delle Torri Gemelle e poi la notizia dell’incidente di Alex Zanardi: "Un Gp pesante". Allo stesso modo di quello che si correva nella stessa settimana dei funerali della principessa Diana. Eppure, nonostante tutto, "dovevamo continuare per le migliaia di tifosi che erano a Monza". Quando ancora la Formula Uno muoveva folle oceaniche. E quando ancora i piloti erano più liberi. Patrese, Senna, Piquet, Alboreto, Berger e tutti gli altri: c’era confidenza, con qualcuno anche amicizia. "Molti te li ritrovavi in Formula Uno dopo che per anni li avevi seguiti nei campionati minori, come Schumacher e Felipe Massa". Poi "piano piano quel mondo si è chiuso. E’ cambiato tutto". La F1 è diventata un mondo lontano, i piloti ‘guidati’ in ogni passo e ad ogni post. Ma il fascino e la passione non puoi cancellarli. Nemmeno se la cabina speaker deve diventare il tuo salotto.