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Malaspina, il re della bancarotta Condannato a dodici anni "ma nessuna pianificazione"
di Stefania Totaro
Giuseppe Malaspina era il "dominus" del gruppo di società per cui sono stati contestati i reati di bancarotta fraudolenta e da lui "sono state poste in essere la maggior parte delle condotte distrattive", mentre le condotte dei professionisti "risultano gravi e da stigmatizzare" ma i coimputati "sono intervenuti per nascondere o coprire le condotte illecite già commesse o per salvare asset e beni quando il fallimento delle società era ormai prevedibile e inevitabile". Queste le motivazioni per cui il Tribunale di Monza ha condannato il geometra vimercatese a 12 anni di reclusione dopo un processo durato quasi 4 anni e ha invece assolto altri 10 imputati, tra cui l’avvocato ex giudice della sezione fallimentare monzese Gerardo Perillo, l’avvocata Fabiola Sclapari, i commercialisti Antonio Ricchiuto (genero di Perillo) e Salvatore Tamborino. Assoluzioni decise per alcuni capi di imputazione con formula piena, per altri per insufficienza di prove. E dopo che i giudici hanno accolto l’eccezione della difesa secondo cui non potevano essere utilizzate nei confronti degli imputati le intercettazioni telefoniche e ambientali precedenti al 2 novembre 2015. La scure giudiziaria, permessa da una recente sentenza della Corte Costituzionale, impone che, se i magistrati indagano su un’ipotesi di reato per cui hanno ottenuto l’ok per le intercettazioni ed emergono altri presunti reati, devono farsi autorizzare le intercettazioni successive e non tenere conto di quelle precedenti. Nel caso concreto, la Procura stava indagando da novembre 2014 su Malaspina per un’ipotesi di corruzione al Comune di Correzzana che poi non ha avuto seguito, ma solo un anno dopo ha chiesto le intercettazioni per indagare per bancarotta fraudolenta e reati fiscali e solo da quella data sono utilizzabili. Perillo, la Sclapari e Tamborino erano finiti in carcere insieme al costruttore calabrese quando erano scattati gli arresti eseguiti dalla guardia di finanza di Monza nel maggio del 2018. "Un progetto preciso per rendere difficile la ricostruzione del suo piano di distrazione di beni attraverso un simpatico siparietto di professionisti che non possono sostenere di non avere avuto contezza dell’obiettivo delle loro condotte", hanno ritenuto nella loro requisitoria i pm Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo, che avevano chiesto complessivamente quasi mezzo secolo di reclusione, di cui 14 anni per il costruttore calabrese 65enne, accusato di avere ideato a tavolino un "sistema" per salvarsi dal fallimento. I pm avevano chiesto altre 12 condanne fino a un minimo di 1 anno e 2 assoluzioni. Sette anni chiesti per l’avvocata Sclapari, 5 anni e 4 mesi per Gerardo Perillo, 6 anni e 4 per il commercialista Salvatore Tamborino, 6 anni per il collega Antonio Ricchiuto, genero di Perillo. Una decina le società fallite della galassia Malaspina che si sono costituite parti civili al dibattimento. Giuseppe Malaspina ha sempre respinto le accuse, puntando il dito contro la crisi del mercato immobiliare del 2008. "Risulta evidente come Giuseppe Malaspina sia la persona che ha ideato e gestito tutto il sistema di società a lui riferibili, che prima del 2008 ha portato alti profitti e notevoli guadagni e successivamente, con la grave crisi immobiliare, ha iniziato a usare le società per ottenere liquidità, attraverso il ricorso abusivo al credito e annotazione di fatture per operazioni inesistenti - si legge nella motivazione della sentenza - spostando ingentissime somme di denaro e beni immobili con disinvoltura, violando le regole di diritto societario". I giudici non hanno inoltre ritenuto provata l’associazione a delinquere ritenendo inesistente qualsiasi "pianificazione" bensì che Malaspina abbia "cercato e trovato professionisti che lo coadiuvassero per salvare beni dai fallimenti o sistemare bilanci, inventandosi operazioni per coprire distrazioni". La Procura deciderà ora se ricorrere in appello contro le sentenze di assoluzione.