
Stella Boggio è accusata di aver ucciso il compagno
Bovisio Masciago (Monza e Brianza), 11 aprile 2025 – È passato un mese e mezzo e ancora i giudici della libertà non si sono pronunciati sulla richiesta della Procura di Monza di riaprire le porte del carcere per Stella Boggio.
Era il 24 febbraio quando si è tenuta al Tribunale del Riesame di Milano l’udienza di discussione dell’appello presentato sulla 33enne di Bovisio che ha ucciso il compagno 38enne Marco Magagna, impiegato di Arese, dopo l’ennesima lite avvenuta la notte dell’Epifania nella mansarda di lei, dove vivevano a Bovisio Masciago. Una decisione per cui i giudici milanesi non hanno un termine obbligato, ma l’attesa si sta facendo snervante per i familiari e gli amici della vittima. La questione è delicata. Per il pm monzese Alessio Rinaldi e il procuratore Claudio Gittardi non c’è stato eccesso colposo in legittima difesa, ma una grande sproporzione tra il pericolo che la donna correva nel momento in cui il compagno l’ha buttata a terra e il mezzo da lei utilizzato per reagire, ovvero rialzarsi per prendere un coltello dalla cucina e ferirlo con un unico colpo al centro del petto, risultato fatale. Per la Procura esiste il “dolo eventuale” nel reato di omicidio volontario aggravato e devono essere annullati per la 33enne i domiciliari ottenuti a casa dei genitori.
La donna, ritenuta “pericolosa“ dal gip del tribunale di Monza Marco Formentini ma comunque meritevole del riconoscimento della legittima difesa, all’interrogatorio ha ammesso di avere già ferito con una coltellata a una mano il 27 dicembre precedente il compagno, che era andato in ospedale con alcuni amici ma non l’aveva denunciata. Ha poi raccontato che la sera dell’omicidio avevano un’amica a cena e avevano tutti esagerato con gli alcolici. Quando lei ha riaccompagnato a casa l’invitata, le sarebbe arrivato un messaggio di insulti dal 38enne che le dava della “poco di buono”.
A quel punto, secondo la Procura, Stella avrebbe potuto non tornare a casa, oppure chiedere aiuto e farsi accompagnare da qualcuno. Invece si è ripresentata pur sapendo che ci sarebbe stata ancora una lite violenta, come già accaduto in passato quando Marco beveva troppo. E quando sarebbe stata scaraventata a terra, senza che sul suo corpo fossero rimaste evidenti lesioni, avrebbe potuto fuggire dal 38enne, che non era armato. Come aveva già fatto una volta, con i familiari che l’avevano recuperata di notte per strada senza scarpe. Invece ha usato il coltello, come da lei stessa dichiarato, come “un pugnale” contro di lui. La difesa insiste invece per i domiciliari.