Quando una moglie astemia sposa il sogno del marito di avviare una vigna, è subito azienda. Marta Mondonico, premiata in Prefettura con il titolo di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica, racconta la sua storia al fianco di Roberto Verderio, imprenditore edile con la passione per il vino. "Io non bevo, ma quando la persona che ami ha un sogno che fai, non lo aiuti?". Roberto coltivava il sogno di una vigna propria, per poi regalare i prodotti a clienti e amici. Nel 2002 ha fondato la Tenuta Le Mojole a Castelli Calepio, in provincia di Bergamo, perché per legge la Brianza non può avere quote di vitigni se non per uso amatoriale. Tre ettari adagiati sulle pendici di un anfiteatro naturale. Ma “Donna Marta“, che ha dato il nome a un vino rosso, si accorge da subito che il marito, preso dal lavoro in azienda, non riesce a seguire la seconda attività. Quindi, si mette a studiare agronomia ed enologia per occuparsi personalmente della Tenuta. "All’inizio non mi piaceva proprio, poi il lavoro con il vino ti lusinga e ti cattura – ammette Marta –. Non dormi alla notte quando senti la grandine battere contro i vetri. Il prodotto è straordinario e ti appassiona". Rivoluziona vigna e cantina, cambia lo staff e comincia l’avventura della produzione con un solo obiettivo: fare il vino migliore che può, sano e di assoluta qualità. La prima vendemmia porta le prime bottiglie e i primi premi. "La cosa più difficile – spiega – è fare gli assaggi per controllare i difetti. Ancora oggi non riesco a bere, quindi accompagno ogni sorso di vino a un po’ d’acqua". Il disciplinare di zona consente di raccogliere 170 quintali per ettaro: alle Mojole ne vengono raccolti al massimo 60/70 quintali per una produzione annua di circa 8mila bottiglie.
Grande attenzione e cura per la vite, una vendemmia a mano che rispetta i naturali tempi di maturazione e l’immediata lavorazione dei grappoli sono i singoli passaggi che consentono la produzione di un vino di qualità e sano. Uno dei principali obiettivi è la ricerca e l’innovazione. Quindi ogni tanto si estirpa un vigneto per far posto a un altro. Sembra una azione forte, ma è la soluzione che permette di sperimentare nuovi vitigni e nuovi cloni. "La produzione ‘storica’ della cantina rimarrà fedele a se stessa e al rispetto che abbiamo delle vigne e della nostra idea di vino - dice la signora - Ma vogliamo fare di più e farlo bene. Ci vuole qualche anno, ma si sa, quando si lavora con la natura possiamo solo seguire i tempi della terra".
C.B.