di Stefania Totaro
Per l’inchiesta sulle presunte tangenti per un appalto da oltre 2 milioni di euro sulla raccolta dei rifiuti in Brianza condannato, ma non per corruzione, a 2 anni e 8 mesi di reclusione con il rito abbreviato l’ex direttore generale di Gelsia Ambiente Antonio Capozza.
Tre i patteggiamenti tra i 3 e i 4 anni di pena, quest’ultima andata all’ex presidente del consiglio di amministrazione di Gelsia Ambiente Massimo Borgato e un imprenditore rinviato a giudizio. Questa la sentenza decisa ieri dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Gianluca Tenchio sulla vicenda giudiziaria della società a partecipazione pubblica con sede a Desio che si occupa del servizio in una ventina di Comuni.
Per Antonio Capozza, l’unico a chiedere il processo con il rito abbreviato, i pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo e Michela Versini avevano chiesto la condanna a 5 anni di reclusione anche per la principale accusa di corruzione, non accolta invece dal giudice.
Cinque complessivamente le persone imputate a vario titolo per corruzione, turbativa d’asta, truffa, false fatturazioni e autoriciclaggio di denaro. L’ex presidente del consiglio di amministrazione di Gelsia Ambiente Massimo Borgato ha deciso di patteggiare la pena di 4 anni, mentre quelle rispettivamente di 3 anni e 8 mesi e di 3 anni sono state quelle concordate da Fabrizio Cenci e Gaetano Giannini. Non ha chiesto riti alternativi ed è stato rinviato a giudizio per affrontare il dibattimento al Tribunale di Monza Cosimo Damiano Sfrecola, che aveva chiesto la ricusazione del giudice in quanto già impegnato per adempimenti relativi a questa vicenda, ma la Cassazione ha respinto l’istanza difensiva.
Era maggio 2021 quando la Guardia di Finanza di Monza ha eseguito 5 misure di custodia cautelare agli arresti domiciliari chieste dai pm monzesi titolari delle indagini, che all’udienza preliminare hanno poi ottenuto il sequestro dei 60mila euro ritenuti profitto dei reati. Secondo l’accusa, Antonio Capozza e Massimo Borgato avrebbero accettato una tangente da 60mila euro per agevolare gli imprenditori, facenti capo ad una associazione temporanea di imprese di Barletta, ad aggiudicarsi nel 2017 una gara d’appalto di oltre 2 milioni di euro, finalizzata alla fornitura e distribuzione di sacchi per la raccolta del rifiuto indifferenziato, munito di microchip di tracciamento.
Le società aggiudicatarie, attraverso un meccanismo di sovrafatturazione delle prestazioni rese agli ignari Enti locali beneficiari della "raccolta rifiuti" ovvero documentando servizi mai resi, non solo, secondo l’accusa, avrebbero frodato lo Stato, ma avrebbero ottenuto anche anticipi di liquidità dagli istituti finanziari presso cui erano accreditati, potendo così generare le provviste di denaro contante occorrenti alla corresponsione della tangente.
Agli arresti domiciliari erano finiti anche Cosimo Damiano Sfrecola, residente a Barletta, amministratore della società pugliese che faceva capo all’associazione temporanea di imprese, l’intermediario Gaetano Giannini, anche lui di Barletta e un imprenditore di Limbiate, Fabrizio Cenci, che aveva avuto in subappalto la realizzazione del software per il microchip da applicare ai sacchetti per i rifiuti. Gli imputati che hanno deciso di concordare la pena con la Procura hanno offerto 10mila euro ciascuno di risarcimento dei danni a Gelsia Ambiente, che si è costituita parte civile all’udienza preliminare e che ora dal giudice ha ottenuto il riconoscimento di un risarcimento dei danni di 10mila euro da parte di Antonio Capozza dopo la condanna con il rito abbreviato.