Era in cura per ludopatia ma non era incapace di intendere e di volere la 50enne cinese residente in Brianza imputata di peculato per non avere versato allo Stato 22mila euro di introiti sul lotto giocato nella ricevitoria del suo bar. È quanto ha concluso la perizia psichiatrica disposta al Tribunale di Monza al processo dove la donna rischia una condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Chiede invece l’assoluzione per infermità mentale l’avvocato dell’imputata, che contesta anche come per la perizia psichiatrica la 50enne non abbia avuto a disposizione un’interprete che conosce la lingua cinese. "Giocavo tutto il giorno - ha ammesso la donna - Speravo giocando di coprire le perdite. Poi dovevo chiedere a mio marito i soldi per pagare le spese e mi avrà dato oltre 20mila euro. In 10 anni ho speso tanto, ho venduto anche la casa. Ho chiuso il bar, mio marito mi ha lasciato, sono andata a vivere da mia figlia grande, poi sono andata in Cina dove non c’è il gioco d’azzardo. Ora che sono tornata vivo con il mio ex e le altre figlie e non gioco più perché non ho più soldi. Seguo le ragazze, le porto a scuola e al bar del mio ex lavoro solo un’oretta al massimo quando ha bisogno ma solo se lui è presente".
Per uscire dalla ludopatia la 50enne si è rivolta a un centro contro le dipendenze. "Non riusciva a resistere, il gioco d’azzardo le serviva per veicolare stress ed ansia causate da fragilità emotiva - ha raccontato ai giudici la psicologa che l’ha avuta in cura - L’ex marito l’ha aiutata a dosare i soldi e le è stato proposto un gruppo di arteterapia come distrazione. La sua dipendenza ha compromesso la sua situazione personale e familiare". Secondo la psicologa la ludopatia ha ridotto la sua capacità di azione.
S.T.