MARCO GALVANI
Cronaca

Monza cavalca la “green economy“

La proposta di proprietari e allenatori: creare un centro di addestramento nel Parco. "Il Masterplan sarebbe l’occasione per partire"

di Marco Galvani

Chantilly è la capitale del cavallo. Ha il più grande centro di addestramento d’Europa, le scuderie del castello ospitano il museo del cavallo e mostre sul mondo equestre. Ma "rispetto a Monza, per quello che Monza rappresenta, Chantilly sfigurerebbe". Antonio Viani (nella foto), presidente dell’Unione proprietari galoppo oltre che allevatore di cavalli da trotto e galoppo a Zenzalino, la frazione in provincia di Ferrara dove è nato Varenne, ne è certo. Perché "Monza è un simbolo, ripartire da qui vorrebbe dire farlo mettendosi addosso un gioiello".

Il momento è propizio. E non soltanto perché "ormai di fatto a Milano ci ritroviamo soltanto con il centro di Trenno, nella periferia occidentale, che però è sempre più inglobato nella città. E per i cavalli è difficile convivere con le case e il traffico". Questi sono anche i mesi in cui una squadra di professionisti sta lavorando al Masterplan, ovvero al piano regolatore che dovrà disegnare il futuro prossimo venturo del Parco di Monza e della Villa Reale. "Sarebbe un delitto non provare a pensare di creare un impianto complementare a Milano, un centro di allenamento per il galoppo che richiamerebbe allenatori da tutta Europa, ma non solo", la prospettiva di Viani.

Accompagnato da Vittorio Oriani dell’Associazione nazionale allenatori galoppo, monzese e cavaliere all’ultimo Cross Country nel 1976 al Parco, scopre per la prima volta il ‘pratone’ dove sorgeva l’ippodromo progettato da Paolo Vietti Violi, l’architetto che ha firmato i più famosi ippodromi italiani, da Roma Capannelle a Merano, dal Trotter di Milano fino a impianti in India e Africa. Sulle piste di Monza hanno gareggiato i fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo e Graziano Mancinelli oltre al regista Luchino Visconti, che prima di darsi al cinema fu fantino, allenatore e allevatore. Oggi a testimonianza di quell’epoca sono rimaste soltanto scuderie per lo più diroccate. Prima che vada tutto in malora qualcuno dovrebbe accorgersi delle potenzialità del Parco. E dell’opportunità di creare una nuova economia green.

L’idea è realizzare un centro di allenamento per il galoppo, con due ovali – uno lungo tra 2mila e 2.600 metri, l’altro all’interno di 1.800 metri in sabbia – proprio sul prato che un tempo fu dell’ippodromo. La pista, di fatto, c’è già. Con un milione, un milione e mezzo di euro si riuscirebbe a realizzare comodamente. E "avrebbe un impatto ambientale nullo dal momento che un centro di allenamento non ha bisogno di tribune né di strutture per l’insellaggio – spiega Viani –. Senza dimenticare la grande economia che potrebbe ruotarci attorno". Per essere un progetto sostenibile "bisognerebbe portare 250-300 cavalli, in parte da Trenno in parte da piccoli centri sparsi tra la Lombardia e il Piemonte".

Un’opportunità anche economica, se si pensa che oggi un box a Milano costa circa 250 euro al mese soltanto di affitto. Un centro di allenamento significa alimentare la filiera di chi vende cereali, paglia, fieno, gli allevatori e gli allenatori. E poi c’è chi accudisce quotidianamente i cavalli. Insomma, "ci potrebbero essere fisse tra 140 e 190 persone tra allenatori, artieri e tutti i professionisti legati a un centro di allenamento. Persone che spenderebbero sul territorio".

E’ una questione di economia. Peraltro rispettando la vocazione e la tradizione del Parco. Senza creare enclave inaccessibili: un cavallo da corsa d’estate lavora soltanto la mattina, dalle 6 alle 10, in inverno dalle 7 alle 13. A mezzogiorno le piste chiudono, 6 giorni su 7. Una attività viva tutto l’anno. Attorno alla quale costruire non soltanto un’attività sportiva, ma anche storico-culturale e museale. Oltre che di formazione universitaria: "Potremmo portare qui anche la facoltà di veterinaria", auspica Oriani.

Un’impresa che, oggi più che mai, potrebbe essere realizzata con un’alleanza tra pubblico e privato: "Non vogliamo venire qui solo per fare business – mette i puntini Viani -. L’idea è di fare una società di scopo che coinvolga proprietari, allenatori e ministero dell’Agricoltura (da cui l’ippica dipende, ndr), favorendo anche un aspetto didattico e ludico-sportivo per i giovani". Monza, certo, sarebbe "la pista perfetta, in mezzo al verde ma non sperduta, vicino a Milano e a Varese. Per un progetto di questo tipo stiamo valutando anche altre location, almeno entro la prossima primavera è importante che la politica dica se almeno c’è interesse".