Seregno (Monza e Brianza) – Morta a 39 anni, dopo 32 minuti di arresto cardiaco all’arrivo dei soccorritori e 3 mesi di coma, per un intervento estetico di sollevamento dei glutei. Per il giudice il chirurgo, che ha operato «senza l’ausilio di un secondo operatore, come imposto, oltre che da generali norme di cautela, in forma specifica dalla legislazione, non ha adeguatamente affrontato l’emergenza cardiaca utilizzando il defibrillatore e non ha praticato un massaggio cardiaco adeguato senza procedere all’ossigenazione della paziente ed effettuando compressioni poco efficaci e in una posizione non corretta, come peraltro indicato dall’operatrice del 118 intervenuta».
Nelle motivazioni della sentenza che in primo grado ha condannato per omicidio colposo per il decesso di Maria Teresa Avallone il medico con studio a Seregno in Brianza Maurizio Cananzi a 16 mesi di reclusione, seppur con la pena sospesa e la non menzione della condanna sul certificato penale, il giudice del Tribunale di Monza Carlo Ottone De Marchi ritiene «evidente la gravità della colpa del medico, lo scarto marcato, nettissimo e inescusabile delle sue condotte dalle regole – per certi versi le più elementari – della scienza medica».
Per il giudice «si tratta di violazioni che denotano una certa negligenza ed imperizia da parte del dottore, il cui comportamento si è notevolmente discostato dalle linee guida di riferimento previste nei protocolli di rianimazione e del mancato rispetto di regole che devono necessariamente far parte del patrimonio conoscitivo di ciascun medico e a maggior ragione di un medico che si occupa da solo di interventi di piccola chirurgia che prevedono la somministrazione di anestetici locali«.
La vittima, impiegata all’ufficio accettazione dell’ospedale San Raffaele di Milano e residente a Desio in Brianza, si era recata il 5 marzo del 2019 nello studio medico per il trattamento in day hospital. Non era la prima volta che si sottoponeva a piccoli ritocchi, anche con somministrazione di anestesia locale. Ma quel giorno, secondo la ricostruzione della vicenda, pochi minuti dopo l’anestesia la donna è andata in arresto circolatorio dopo una crisi convulsiva di tipo epilettico come reazione rara ad un dosaggio regolare di anestetico. Il chirurgo, che in quel momento si trovava da solo con la paziente all’interno dell’ambulatorio per l’assenza della moglie che solitamente lo assisteva, ha iniziato il massaggio cardiaco e ha chiamato il 118.
Poi l’arrivo dell’ambulanza e il trasporto all’ospedale San Gerardo di Monza, dove la 39enne è stata ricoverata nel reparto di Neurorianimazione. Ma dopo 3 mesi è stata dichiarata la morte cerebrale. Per l’imputato la pm della Procura di Monza Sara Mantovani aveva chiesto la condanna a 2 anni di reclusione con la pena sospesa, sostenendo che l’utilizzo del defribillatore e dell’ossigeno presenti nello studio medico avrebbero potuto salvare la vita a Maria Teresa. Il suo cuore, già da 32 minuti in arresto cardiaco, era ripartito dopo 17 minuti di manovre rianimatorie dei soccorritori. Ma nel frattempo l’encefalo ormai era morto. Al processo i familiari di Maria Teresa hanno ottenuto una provvisionale sul risarcimento dei danni di 80mila euro. Il medico nega che il defibrillatore fosse utilizzabile per la presenza di flusso elettrico riscontrato dai parametri della paziente e ha presentato contro la condanna il ricorso in appello, che verrà discusso a dicembre.