Il Tribunale di Busto Arsizio archivia come suicidio la morte di Simone Mattarelli, il 28enne di Lentate sul Seveso che fu ritrovato impiccato dentro una ditta ad Origgio nel Varesotto dopo essere fuggito ad un posto di controllo dei carabinieri a Desio. Ma per i familiari del giovane, che con l’avvocata Roberta Minotti si erano opposti alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura bustese, il caso non è chiuso.
"Faremo tutto il possibile per chiedere nuovamente di proseguire le indagini", sostengono. Sulla vicenda era stato aperto un fascicolo penale contro ignoti per istigazione al suicidio sulla morte di Simone.
Secondo la ricostruzione dei fatti, la sera del 3 gennaio 2021 il 28enne, che viveva con la madre e il fratello a Lentate (a suo carico un precedente per guida in stato di ebbrezza con la sospensione della patente di guida) non si ferma, alla guida della Bmw della mamma, all’alt dei carabinieri, che si mettono all’inseguimento chiamando anche altre pattuglie di rinforzo. Durante la corsa in auto a tutta velocità il 28enne telefona al padre, un 58enne che vive a Legnano. "Ho fatto un casino, sto venendo da te, non posso fermarmi perchè ho paura che mi uccidano", dice il giovane al genitore che, mentre parla con il figlio per capire cosa stesse succedendo, sente risuonare dei colpi di arma da fuoco.
Più tardi Simone manda al padre un messaggio whatsapp con la sua posizione e nell’ultima telefonata, secondo quanto ricostruito dal genitore, lui lo sente ansimare come se stesse correndo. Poi più nulla. Il padre decide di usare la posizione ricevuta per andarlo a cercare e durante il percorso, verso le 3, arrivato a Rescaldina, l’uomo incrocia una pattuglia di carabinieri e li fa fermare azionando i fari abbaglianti. Ai militari spiega quanto accaduto e viene invitato a recarsi alla caserma di Desio, dove vede arrivare la Bmw guidata da un militare e una gazzella su un carro attrezzi. Con loro vanno verso la posizione che avevano ricevuto, un bosco nei pressi della ditta di vetri di Origgio dove il ragazzo è stato trovato impiccato con la sua cintura al gancio di un macchinario al terzo piano. Nel frattempo arrivano anche i carabinieri e, all’esterno della recinzione della ditta, trovano le scarpe bianche da ginnastica del ragazzo pulite, mentre i vestiti sono sporchi di fango. Arrivano anche i soccorsi inviati dal 118, che confermano il decesso per impiccagione, segnalando alcune ecchimosi su zigomo e mano sinistra. Una conclusione che non soddisfa i familiari del 28enne.
"Simone aveva mille motivi per vivere e nessuno per togliersi la vita: aveva una ragazza con la quale stava per andare a convivere, aveva un lavoro stabile, aveva ricevuto una cospicua eredità ed era amato da tutti", sostengono i genitori e il fratello del 28enne che, per fare luce sull’accaduto, si sono rivolti all’avvocata Roberta Minotti.
Le due perizie medico legali e una tossicologica affidate a propri consulenti parlano dei segni di un’aggressione. I famigliari del 28enne chiedevano che fossero svolti nuovi accertamenti tra cui un esperimento che accertasse se la posizione del giovane fosse compatibile con un suicidio, l’analisi del materiale sotto le unghie del ragazzo alla ricerca di profili di dna non suoi, l’acquisizione delle registrazioni dei colloqui tra le centrali operative e i vari equipaggi durante l’inseguimento. La gup ha invece accolto l’archiviazione.
Stefania Totaro