Le opere e le installazioni di una tra le maggiori artiste contemporanee a livello internazionale, conosciuta anche come musicista e per il legame d’amore e d’arte con John Lennon. Creazioni che in parte risalgono al periodo tra fine anni ‘60 e primi anni ‘70, collegate a quelle più recenti da un medesimo filo tematico: la denuncia dell’inutilità della guerra e dell’odio e l’importanza della solidarietà e del dialogo tra esseri umani. Una raccolta di opere che voglino, in un certo senso, diventare una “cura“ per il mondo in guerra.
È quanto proporrà l’importante mostra personale di Yoko Ono dal titolo “Heal“, che verrà inaugurata domani alle 19 negli spazi della galleria d’arte Maurizio Caldirola Arte Contemporanea, in via Volta a Monza. L’esposizione, curata dal critico Davide Di Maggio, sarà dedicata, spiegano dalla galleria, "a un tema di grande rilevanza e urgenza per l’artista giapponese: la denuncia dell’inutilità della guerra in tutte le sue forme e sfaccettature".
"La mostra – sottolineano gli organizzatori – comprende una selezione di opere simbolicamente potenti e si propone di stimolare una riflessione profonda sui conflitti globali, sul dolore e sulla speranza, mettendo in luce la disumanità della violenza e le cicatrici che la guerra lascia nelle persone e nelle società. Una sorta di dialogo tra l’arte e la storia, contro la violenza, e un invito alla speranza di un mondo migliore".
Tra le creazioni che si potranno vedere a Monza, “Helmets - Pieces of Sky (2001-2012)“, che presenta elmetti della Wehrmacht rovesciati e che contengono pezzi di puzzle, a simboleggiare un cielo infranto e le emozioni dei soldati. "Lo spettatore è invitato a interagire con i puzzle, promuovendo empatia e responsabilità etica verso la pace – raccontano dalla galleria –. L’opera richiama i temi della connessione umana e della speranza, già esplorati nelle creazioni degli anni ‘60 dell’artista".
Ci sarà poi “We are all water (2006-oggi)“, composta da bottiglie riempite d’acqua e personalizzate nel corso degli anni dai singoli partecipanti alle mostre, una performance che Yoko Ono ha ideato per la prima volta nel 1967, "l’acqua come metafora della condizione umana, una riflessione su uguaglianza e diversità. Noi siamo come l’acqua nelle bottigliette: pur contenuti in recipienti differenti, alla base condividiamo la stessa essenza".
In “Imagine Peace Map“, invece, l’artista utilizza il linguaggio di sperimentazione geografica, geopolitica e sociale dell’attivismo degli anni ‘60 e ‘70, con una carta geografica su cui ognuno può apporre un timbro con la dicitura “Map Piece“, un invito "a immaginare la pace futura già presente". La mappa rappresenta infatti "un mondo cristallizzato, immobile, determinato a priori", mentre la messa in discussione dei confini è il segno della volontà di riappropriarsi del desiderio umano di relazioni, contatti, solidarietà.
Considerata una delle figure più visionarie e influenti dell’arte contemporanea, Yoko Ono negli anni ha saputo spaziare dalla musica alla videoarte, dalla scultura alla performance, impiegando i diversi linguaggi per raccontare l’urgenza e l’esigenza della pace, della giustizia, di un mondo in cui la guerra non trova più posto. La mostra resterà visitabile fino al 14 febbraio.