Caponago (Monza e Brianza), 17 novembre 2020 - “Mamma aveva un sogno. Che questa casa in cui aveva a lungo vissuto non andasse completamente perduta, che potesse diventare un centro importante per la Brianza. Ecco, io ho deciso di ricominciare da lì”. A parlare così è l’avvocata Alessandra Ricci Moneta Caglio Monneret de Villard. La casa in questione è palazzo Moneta Caglio, edificio secentesco tanto sontuoso un tempo quanto abbandonato al degrado negli ultimi anni.
E la mamma si chiamava Anna Maria Moneta Caglio Monneret de Villard. Il Cigno Nero, come venne ribattezata dalla Cronache. Una donna bellissima, fascinosa, un collo alla Modì e la “erre” attotata – un po’ per vezzo, un po’ per natura – che la contraddistingueva, capace all’epoca delle sua gioventù di far girare la testa a parecchi uomini.
Una donna che entrò suo malgrado nella storia giornalistica e giudiziaria d’Italia, dato che fu la supertestimone chiave di quello che è considerato il primo processo mediatico della storia d’Italia, quello relativo alla misteriosa morte della povera Wilma Montesi, giovanissima borgatara romana trovata morta su una spiaggia di Torvajanica negli anni Cinquanta, forse vittima di un festino a base di droga e sesso fra i giovani rampanti dell’epoca.
Un processo in cui le rivelazioni di Anna Maria Moneta Caglio occuparono per mesi le prime pagine dei giornali, prima che tutto finisse con un’assoluzione per gli imputati dell’epoca (fra i quali l’allora fidanzato della Moneta Caglio) ma anche le dimissioni clamorose di un potente ministro degli Esteri della Democrazia Cristiana, Attilio Piccioni.
Oggi però si torna a parlare della casa in cui visse i ultimi anni della sua vita Anna Maria Moneta Caglio, un palazzo nel cuore di Caponago, attorno un ampio giardino ormai ridotto a boscaglia. Quel palazzo negli ultimi tempi se l’è vista brutta, mentre l’usura degli anni lo faceva crollare poco a poco. Era stato al centro di un progetto per trasformarlo in una Rsa, una residenza per anziani; poi per costruirci degli appartamenti, “ma mi sono resa conto che era inaccettabile: chi la voleva erano solo dei palazzinari – racconta la figlia -, che pretendevano di travolgerla di fatto distruggendola. Proprio quello che mia madre, che era riuscita ad acquistarla alla fine degli anni Ottanta, non avrebbe mai voluto. Poi mia madre l’aveva donata all’Università, per realizzarci un Centro studi. Ma anche questa ipotesi si era venuta a scontrare con mille ostacoli di natura politica e burocratica. E alla fine è tornata a noi”.
Sua madre ci visse fino al 13 febbraio del 2016, quando morì all’età di 86 anni.
“E le sue ceneri sono ancora lì, assieme a me: il sogno di mia madre era quello di essere seppellita un giorno al cimitero Monumentale di Milano, accanto a suo padre e a sua nonna, ma ancora non è stato possibile, anche se non demordo”.
E adesso?
“Dopo che anche l’Università ha rinunciato, ho deciso di rimetterci mano con la consulenza della Colombo % Partner Consulenze, società alla quale sono molto legata per vari motivi, professionali e familiari: l’idea è quella di trovare i fondi per ristrutturarla, e trasformarla in un una struttura articolata che comprenda anche un museo”.
Un museo, di cosa?
“In fondo, della storia brianzola. Nella mia famiglia ci sono molte cose da raccontare, dall’antica zecca di Milano ai Caglio, i due rami di incrociarono proprio a Monza tanti anni fa. Un trisnonno della mamma è Ernesto Teodoro Moneta, primo e unico premio Nobel per la Pace d’Italia. Un museo, magari con una biblioteca tematica, anche per l’amore per gli studi sempre dimostrato da mia madre, che fu anche ricercatrice di Giurisprudenza all’Università, sarebbe l’ideale”.
Servono parecchi quattrini e un progetto.
“Nella mia famiglia c’è sempre stata una vena di sana follia. Il palazzo è venuto a deteriorarsi, le tegole sono cadute e piano piano è venuto a crollare tutto, a cominciare dal tetto. Per questo ho pensato di aprire una ricerca fondi su una piattaforma di crowdfunding (www.gofundme.com/salviamo-palazzo-caglio). Ne varrebbe la pena. Si tratta di un progetto complesso che la Colombo & Partner Consulenze ha impostato come management in maniera organica e strutturata; una raccolta di crowdfounding coordinata da Federica Tamagnini ha lo scopo di ottenere un budget sufficiente per avviare tutte le professionalità necessarie per intervenire implementando un progetto di massima polifunzionale, e in particolare per poter assegnare incarichi per la redazione di business plan e il progetto di uno studio di massima di alto livello per poter attrarre attori interessati".
Polifunzionale?
“L'area, la volumetria, le funzioni e il contesto storico si presta a molteplici funzioni, dalla residenza, compresa la social housing al commercio, ai centri medici ai poliambulatori, nonché ovviamente un sogno di mamma, un museo storico della nostra famiglia, il tutto nel tema dell'ecosostenibilità e nell'autosostenibilità di tutto il complesso”.
Ambizioso.
“Gestire un comparto storico di dodicimila metri cubi in questo momento economico non è cosa facile, nella programmazione infatti vi è anche una policy per la gestione dello stesso complesso, fondazione, associazione o altre formule, a cui sto pensando e sto mettendo a punto con colleghi avvocati”
Un programma aperto dunque?
"Qualunque professionalità, investitore, attore o possibile utilizzatore finale può intervenire ora a più livelli e con più ruoli, l'intera impalcatura gestionale dello sviluppo di Palazzo Moneta Caglio è stata concepita proprio per questo. L'obiettivo finale è solo quello di ridare vita a questa meravigliosa testimonianza storica della mia famiglia che ha sua volta ha testimoniato moltissimo per la storia della Lombardia e dell'Italia”.