STEFANIA TOTARO
Cronaca

Nel lusso coi rottami di ferro e le fatture false

Chiesto il rinvio a giudizio per un imprenditore di Villasanta e i suoi due figli accusati di bancarotta fraudolenta per quasi 25 milioni

di Stefania Totaro

Padre, figlia e figlio accusati di una bancarotta fraudolenta per quasi 25 milioni di euro ai danni dell’Erario. A tanto ammonta, secondo l’accusa, il passivo della società, costituita nel 2005 e dichiarata fallita nel 2017, di Salvatore Q., classe 1946, imprenditore attivo nel commercio di rottami ferrosi. Per il 75enne, residente a Villasanta, insieme alla figlia di 48 anni domiciliata a Napoli e al figlio di 38 anni residente a Muggiò (che attraverso un’altra società di cui erano amministratori avrebbero contribuito alla distrazione di beni e somme di denaro) è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio dalla Procura di Milano. Gli imputati hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato fissato a gennaio. Sotto la lente dei magistrati l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e la sottrazione dei libri della società con sede a Milano per evitare sistematicamente di pagare le tasse.

L’imprenditore era già salito alla ribalta della cronaca nel 2019 quando i militari del Gico della Guardia di Finanza hanno eseguito un provvedimento emesso dal presidente del Tribunale misure di prevenzione Fabio Roia, su richiesta del pm Bruna Albertini, che ha portato al sequestro di immobili e disponibilità liquide per 10 milioni. Nel suo patrimonio, oltre alla lussuosa villa a Villasanta dove vive e la Ferrari parcheggiata in garage, ci sono addirittura 61 appartamenti in provincia di Grosseto, oltre a capannoni industriali e varie quote societarie. Eppure, fino a qualche anno fa, Salvatore Q. dichiarava un reddito complessivo di poco inferiore ai 100mila euro. L’uomo, negli ultimi 20 anni, è già stato al centro di vicende giudiziarie, per reati di falsa fatturazione ed evasione fiscale. Nonostante i suoi trascorsi, però, i finanzieri del comando provinciale di Milano hanno accertato che continuava a dichiarare al Fisco cifre ben al di sotto delle sue reali possibilità. Il 75enne, siciliano di nascita ma brianzolo di adozione, secondo gli inquirenti gestiva i suoi affari illeciti nel settore dei metalli ferrosi nel quartier generale ricavato all’interno di un capannone a Concorezzo.

La richiesta di rinvio a giudizio ha il visto del magistrato Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia dove lavora come pm la collega Bruna Albertini titolare delle indagini. L’imprenditore 75enne deve rispondere di quattro capi di imputazione: è anche accusato di avere sottratto a scopo personale somme di denaro dal conto corrente della società senza una causale legittima. In capo ai suoi figli una sola accusa in concorso per distrazione di beni attraverso un contratto d’affitto di ramo d’azienda.