A cinque anni dall’apertura delle indagini è arrivata l’ora della resa dei conti giudiziari per i presunti reati ambientali di Asfalti Brianza. Venerdì è prevista la sentenza del processo davanti al Tribunale di Monza per l’amministratore del bitumificio di Concorezzo Vincenzo Bianchi per cui il pm della Procura di Monza Michele Trianni ha chiesto la condanna a 2 anni di reclusione e 75mila euro di multa.
Dopo il no alla richiesta di oblazione, perché lo smaltimento dei rifiuti non è mai stato completato, anzi la montagna di scarti è cresciuta, tanto che è stato aggiunto un nuovo capo di imputazione. Di fatto il dibattimento, per un procedimento penale che è stato avviato nel 2019 dalla Procura di Monza, non era mai partito perché la difesa aveva chiesto di essere ammessa al rito alternativo al giudizio penale del pagamento allo Stato di una somma che avrebbe estinto i reati, quantomeno quelli meno gravi puniti con contravvenzione. Ma i rinvii concessi dal giudice non hanno portato a risultati. Quindi, seppur in gran ritardo, è stato avviato di gran lena il processo, che ora è arrivato all’epilogo. Intanto Asfalti Brianza ha annunciato la chiusura e di conseguenza il rischio concreto è che tutti i costi delle bonifiche non eseguite dalla società finiscano per pesare sulle tasche delle amministrazioni comunali, sui cui territori si sono accumulati i rifiuti ben visibili anche dall’esterno. Al dibattimento si sono costituiti parti civili per ottenere un risarcimento dei danni i Comuni di Monza, Concorezzo, Agrate Brianza, Brugherio e l’associazione Legambiente. Ma la testimonianza più pregnante è stata quella dei cittadini riuniti nel Comitato di quartiere Sant’Albino San Damiano tra Monza e Brugherio che hanno vissuto sulla loro pelle gli effetti di quello sversamento di rifiuti sospetti. Anche se al processo non sono contestati i presunti danni alla salute.
"Costretti per mesi in casa senza condizionatori al caldo soffocante di luglio e agosto 2019. Animali domestici che vomitavano e uccelli morti. L’esplosione di segnalazioni nella notte fra il 2 e il 3 luglio 2020 quando finalmente sono stati effettuati controlli dei fumi al camino. Sulla base di tali rilevazioni Ats ha certificato, anche se in una nota quasi invisibile, che tali emissioni hanno superato di ben 40 volte il limite consentito per quanto riguarda il rischio tossicologico e di ben 30 volte per il rischio cancerogeno, che in realtà non ha alcun limite accettabile in quanto qualsiasi livello è pericoloso per la salute".