REDAZIONE MONZA BRIANZA

Nelle scarpe di Nico Acampora la sua storia in una mostra

Un’installazione artistica a Milano racconta i sentimenti e l’avventura del fondatore della prima pizzeria in Italia che dà lavoro ai ragazzi autistici come suo figlio

Che la sua storia avesse fatto il giro d’Italia (ma non solo) è ormai cosa risaputa. Tutti conoscono Nico Acampora, il papà muggiorese che ha realizzato il progetto Pizzaut, la prima pizzeria in Italia gestita da ragazzi autistici. Ma che la sua vicenda umana e personale di genitore di un ragazzo autistico potesse diventare parte di un’opera d’arte lo ha lasciato senza parole. Soprattutto perché quell’opera che parla di Nico e del suo sogno diventato realtà sta facendo commuovere tantissime persone. Perché non si tratta di una scultura o di un quadro, bensì di un’installazione artistica che implica la partecipazione del pubblico. C’è anche la storia del brianzolo, fondatore della prima pizzeria italiana gestita da persone autistiche, all’interno della grande installazione “A Mile in my Shoes” dell’artista inglese Claire Patey, allestita a Milano in via XXV Aprile.

I visitatori sono invitati a indossare le scarpe dei diversi protagonisti dell’opera, tra cui Acampora, e cuffia alle orecchie ascoltare il racconto fatto in prima persona dai protagonista della loro vicenda personale. Acampora si è messo a nudo, ha raccontato le emozioni forti che lo hanno travolto dopo aver scoperto che Leo, il suo secondogenito, era autistico. Una doccia fredda per tutta la famiglia che vive a Muggiò: per la moglie Stefania, per la figlia Giulia, ma anche e soprattutto per Leo per il quale mamma e papà si sono immediatamente messi in moto per costruire un futuro di inclusione e di autonomia. Da qui nasce il progetto Pizzaut, che dopo l’inaugurazione lo scorso 1 maggio del locale a Cassina de’ Pecchi, adesso si accinge a realizzarne un altro a Monza. "Quando abbiamo ricevuto la diagnosi di autismo è stato devastante - racconta Nico -. È difficile spiegare quello che si prova quando un medico ti consegna una busta e su quel referto c’è scritto che tuo figlio è disabile al 100%". Acampora non si nasconde: sono state settimane che lo hanno messo alla prova. "Ho pianto tantissimo. Ho pianto insieme a mia moglie Stefania. Ero travolto da una sofferenza che non si può descrivere a parole, pervaso da un forte sentimento di solitudine". Nico per settimane ha cercato di dare una spiegazione al perché Leo fosse autistico. Poi quando, anche grazie alla forza e alla tenacia di sua moglie Stefania, ha cambiato la prospettiva della visione, la domanda (diventata impegno) è stata: che cosa posso fare per garantire un futuro a mio figlio, che ad oggi resterebbe invisibile agli occhi della società? "Ho smesso di chiedermi quali fossero le cause dell’autismo, o possibili responsabili. Ho solo guardato Leo negli occhi e ho capito che quel figlio era straordinario così com’era e per lui dovevo costruire un mondo migliore".

Così è iniziata la grande avventura di Nico Acampora e di Pizzaut. Il muggiorese ha abbandonato quel lavoro di educatore che tanto amava per dedicarsi anima e corpo al quel progetto che oggi è diventato realtà. "Non è facile. Tante volte sono pervaso da un senso di colpa. Pizzaut mi porta lontano dalla mia famiglia. Riesco a dedicare molto più tempo ai ragazzi autistici protagonisti del progetto rispetto a quello che riesco a dare al mio Leo".

B.Api.