Nova Milanese (Monza), 24 ottobre 2024 – “Ci facevano vivere una vita d’inferno. Si erano impossessati di tutto, eravamo prigionieri”. Sembra volersi trattenere, ma non ci riesce, David, il figlio di Giuseppe Caputo, il presunto assassino di Giovanna Chinnici, quando in mattinata esce dalla vecchia palazzina di via Magellano per allontanarsi in auto. Parla a fatica, il volto ancora sconvolto da quanto successo, con la 62enne colpita a morte, mercoledi, da tre o quattro coltellate, ma fa capire che la tragedia è solo la goccia che ha fatto drammaticamente traboccare un vaso colmo.
“Il parcheggio non c’entra niente - dice -. Ultimamente c’è stata anche la storia dei condizionatori che hanno messo e l’aria fredda che ci entrava sempre in casa, insopportabile. Ma poi c’è tanto altro, sono cose private”. Cose private, più grosse e sostanziose, che hanno rappresentato le sabbie mobili sulle quali poi il rapporto è sprofondato, fra le tre sorelle con i rispettivi mariti. “Si sono presi tutto, la proprietà è finita completamente nelle loro mani, fanno quello che vogliono e noi non possiamo fare niente. Volevamo mettere i pannelli solari, ma ce l’hanno negato”.
Una situazione che ha portato all’esasperazione dei rapporti e a un vortice di dispetti, minacce, litigi, fino alla denuncia per atti persecutori nei confronti del 62enne arrestato dai carabinieri della compagnia di Desio. “Ci facevano soffrire - dice - ci facevano vivere una situazione che non auguro a nessuno. Con mio padre non ho ancora potuto parlare, mi spiace per quanto è successo, ma non so come sia andata e non sono sicuro che volesse ucciderla”.