Si ritrova con la mano intrappolata nella fustellatrice, la macchina non si ferma e gli stacca il braccio. È il drammatico infortunio sul lavoro che ieri mattina ha cambiato per sempre la vita di un operaio 32enne di origini nigeriane che abita a Vedano.
In pochi istanti il suo mondo è andato in frantumi alla Giesse di Masate, la cartotecnica dove lavora. Un collega gli ha tamponato la ferita in attesa che l’elisoccorso lo trasportasse a Niguarda, dove i medici hanno fatto di tutto per salvargli la vita, ma hanno dovuto amputargli l’arto dalla spalla in giù. L’incidente si è consumato alle 9 in piena attività, ma stavolta qualcosa è andato storto. L’allarme è scattato subito.
"È inutile nascondersi, la sua esistenza non sarà più la stessa – dice Vincenzo Greco, segretario della Cgil Milano con delega alla Salute alla Sicurezza sul Lavoro –. Bisogna capire le cause, ma una cosa è certa: per fare in modo che non accada più, occorre sciogliere il nodo dei controlli preventivi. Dopo, quando non si può tornare indietro, è tardi". "La giornata di oggi – aggiunge il segretario – ci porta la drammatica conferma che i luoghi di lavoro anziché essere sicuri, ledono la vita, quanto non la tolgono del tutto, come è successo a Giussano. La vittima ha la stessa età dell’operaio ferito alla Giesse: 32 anni. Che tragedia".
Le indagini a Masate sono affidate al comando municipale e agli ispettori di Ats, a loro il compito di chiarire le responsabilità e se le norme antinfortunistiche siano state rispettate. La macchina è sotto sequestro, i tecnici ne hanno vietato l’uso. Devono capire cosa non ha funzionato e perché in un istante si è trasformata in una trappola.
"Alla base di questi incidenti c’è un problema di formazione e informazione, ma c’è soprattutto la svalutazione della vita umana e del lavoro – sottolinea Greco –. È uno stillicidio davanti al quale non si può restare indifferenti. Per superare l’incapacità del sistema, c’è bisogno di un approccio anche culturale dedicato alla prevenzione. Il lavoro non è più un ascensore sociale e questo c’entra. Come i ritmi sempre più veloci e i contratti precari: tutte condizioni che mettono a rischio in fabbrica e in cantiere".