Avrebbero compiuto quasi un centinaio di furti di auto, tutti commessi tra le 5 e le 7 del mattino, e le vetture sarebbero poi state portate in capannoni isolati a Bovisio Masciago, Seveso, Paderno Dugnano e Ornago, smontate e i pezzi venduti, anche online. Ma i risultati delle indagini dei carabinieri della Compagnia di Desio, che nel febbraio 2022 avevano hanno smantellato la presunta rete criminale, sono stati in gran parte vanificati al processo dalla riforma Cartabia che ora per i reati minori impone la querela delle parti offese.
Della banda, composta da tre soggetti con a capo un 67enne, che si darebbero occupati di rubare le auto, da un secondo gruppo addetto allo smontaggio e da un 54enne che avrebbe commissionato i colpi, soltanto un paio hanno patteggiato la pena intorno ai 4 anni. Gli altri hanno scelto il rito abbreviato e in appello la riforma Cartabia ha fortemente ridotto o addirittura annullato le condanne per i furti perchè i proprietari di vetture derubati non avevano presentato la denuncia, prima della riforma giudiziaria non essenziale. Ora al dibattimento al Tribunale di Monza resta solo una donna, compagna di uno degli imputati, accusata in quanto titolare di una società con sede ad Ornago di pezzi di ricambio venduti anche online. L’inchiesta durata un anno dei carabinieri, coordinati dalla Procura di Monza, aveva portato a 9 misure di custodia cautelare per rispondere a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata ai furti di auto e al riciclaggio dei pezzi ‘cannibalizzati’.
Erano stati sequestrati anche 3 capannoni industriali riconducibili all’associazione dove all’interno sono stati ritrovati migliaia di pezzi di auto, destinati al commercio, un terreno agricolo dove era stato edificata una struttura edile ("abusivamente" dicono i carabinieri) per smontare le auto, lontani da occhi indiscreti, nonché l’abitazione della coppia a capo del commercio on-line di pezzi rubati. Oltre 600mila euro il valore complessivo degli immobili. Secondo l’accusa, per rubare le vetture il gruppo avrebbe utilizzato anche un disturbatore di frequenza simile a quelli in uso ai corpi militari – jammer – per annientare l’antifurto satellitare senza tuttavia disdegnare, all’occorrenza, anche la tradizionale tecnica di spingere la vettura da rubare con un’altra macchina, dopo averne forzato la portiera, conducendola in uno dei vari capannoni in uso.
A fare partire le indagini l’arresto di uno dei membri della presunta banda fermato mentre era alla guida di un’auto appena rubata. L’uomo, un 40enne residente in provincia di Varese, è già stato condannato in via definitiva a 1 anno e 4 mesi di reclusione. Attraverso i tabulati telefonici del cellulare in suo possesso e mediante la visione dei filmati di numerose telecamere di videosorveglianza gli investigatori sono arrivati al terzetto, tra cui il 67enne, già noto per precedenti specifici, considerati i presunti autori dei furti. A commissionarli sarebbe stato invece il 54enne, avvalendosi della società intestata alla compagna, ora imputata, per la vendita dei ricambi ottenuti illecitamente. Accusa negata dalla donna. Si torna in aula a dicembre.