Monza, 18 novembre 2021 - Niente pena minima per i baby killer del pusher delle case popolari per "particolare insensibilità" manifestata "nell’immediatezza del fatto e anche a distanza di mesi" dagli imputati: "dalle loro bocche non è uscita nemmeno una parola di sincero pentimento o di umana pietà per la vittima e i suoi familiari". Questa la motivazione che ha spinto la giudice per le udienze preliminari del Tribunale per i minorenni di Milano Nicoletta Cremona a condannare con il rito abbreviato a 14 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno il 14enne e il 15enne del quartiere San Rocco che lo scorso 30 novembre hanno inferto più di 30 coltellate a Cristian Francesco Sebastiano, 42 anni, di fronte alla sua abitazione in via Fiume. Entrambi erano accusati di concorso in rapina aggravata per avere sottratto alla vittima la bustina con 5 grammi di cocaina che aveva con sè, omicidio volontario aggravato dall’avere assunto sostanze stupefacenti per commettere il reato (cocaina e cannabis e il 15enne anche eroina), dalla premeditazione (pianificando l’uccisione e la rapina, attirando la vittima con una chiamata da una cabina telefonica e presentandosi armati di coltelli), dai motivi futili e abietti (legati alla sottrazione della droga e ai debiti con il pusher) e dalla crudeltà con cui hanno agito.
Una circostanza, quest’ultima, contestata dalla pm della Procura per i minorenni di Milano Myriam Iacoviello ma esclusa invece dalla giudice, che ha fatto abbassare di 8 mesi la pena chiesta in 15 anni dalla pubblica accusa. "L’aggravante prevede sofferenze aggiuntive che si aggiungono a quelle per causare l’evento, ma nel caso di specie il numero dei colpi inferti alla vittima è da ricollegare alla volontà di provocarne il decesso - scrive la gup - La circostanza che i colpi siano stati sferrati in diverse parti del corpo, anche in alcune che certamente non avrebbero potuto provocare la morte, è da ricondurre al fatto che la vittima si sarà girata e avrà tentato di parare le coltellate, che sembrano essere state date un po’ a caso".
Ritenuta sussistente invece l’aggravante dei futili motivi. "Gli imputati hanno sostenuto di avere accoltellato a morte Sebastiano per sottrargli la droga e il denaro, questo non solo non sottratto ma neppure cercato addosso alla vittima". Il 14enne "ha inoltre dichiarato che nutriva rancore nei confronti di Sebastiano perchè lo aveva reso schiavo della droga, circostanza che non pare veritiera perchè l’imputato ha dichiarato di fare uso di stupefacenti, anche cocaina, da quando aveva 11 anni e quindi da epoca precedente la frequentazione con la vittima".
Sulla premeditazione del delitto, ritenuto di "peculiare ferocia", la giudice ritiene che sia provato da diversi elementi. "Gli imputati hanno tentato di sminuire la gravità di quanto commesso dichiarando che era stata progettata soltanto una rapina" e il 14enne che "l’impeto omicida sarebbe insorto in lui solo nel momento in cui la vittima, alla vista del coltello, avrebbe iniziato ad urlare il suo nome". Invece ci sono due amici dei minorenni che hanno dichiarato il contrario. "Eravamo in casa e hanno deciso di prendere i coltelli e di andare da Cristian per rapinarlo e ammazzarlo... io ho detto al 14enne di non farlo e di non cacciarsi nei guai, ma lui ha risposto che se lo doveva togliere dai piedi". "Andava fatto" avrebbe detto poi il 14enne all’amico quando più tardi gli ha chiesto se si era reso conto di quello che aveva fatto. "Hanno parlato dell’omicidio di Cristian circa una settimana prima e io ero presente... Il 14enne ha detto che nell’occasione dovevano rubargli tutto, i soldi e la droga".
Entrambi i ragazzini erano poi accusati del porto abusivo di armi da taglio e il 14enne (che nel frattempo ha compiuto a sua volta 15 anni) anche di detenzione e spaccio di cocaina, hascisc e marijuana, le ultime due trovate nella sua abitazione, per cui è stato condannato ad una pena aggiuntiva di 8 mesi, mentre suo fratello 24enne ha patteggiato la pena.