Monza, 8 maggio 2021 - L’ordinanza di custodia cautelare che ha mandato in carcere Giovanni Gambino per l’omicidio del pusher ad opera dei baby killer è "illegittima" perché basata sulle "illazioni" delle voci del quartiere senza che la presunta condotta di mandante sia motivata con fatti "specifici". Questo il ragionamento che ha spinto ieri mattina l’avvocata Anna Zottoli a chiedere al Tribunale del Riesame di Milano l’annullamento delle accuse con immediata scarcerazione per il 43enne di San Rocco coinvolto nelle indagini sull’assassinio del vicino delle case popolari e amico 42enne Christian Sebastiano, raggiunto il 29 novembre scorso sotto casa da oltre 30 coltellate inferte da un 14enne insieme ad un 15enne, subito identificati e fermati dai carabinieri che, a cinque mesi di distanza, hanno identificato come ideatore del delitto il 43enne, accusato di avere promesso 2mila euro al 14enne per armarlo contro la vittima.
Circostanza emersa dalla testimonianza di una mamma del quartiere, che si è presentata dai carabinieri tre giorni dopo l’assassinio di Christian Sebastiano dicendo che i figli avevano saputo da un loro amico che il 14enne arrestato era stato contattato da Gambino per commettere l’omicidio in cambio della somma di denaro e che tra Giovanni Gambino e Christian Sebastiano c’era stata in passato una pesante lite per la cognata di Gambino. Partendo da questa segnalazione i carabinieri avrebbero raccolto ulteriori e differenti elementi contro il presunto mandante convocando in caserma e in Procura diverse famiglie del quartiere per ricostruire i giri dello spaccio di droga e i personaggi che se lo contendono. Sarebbe emerso che la vittima e i due baby killer frequentavano assiduamente la casa di Giovanni Gambino, ora accusato di avere convinto i due ragazzini a rapinare ed uccidere Christian Sebastiano, con cui lo stesso Gambino avrebbe avuto un debito di poche centinaia di euro.
Il 43enne, secondo l’accusa, avrebbe fornito occasione e pretesto ai baby killer per rapinare la vittima (da loro odiata perché li aveva introdotti al consumo di cocaina in così tenera età), raccontando loro che Seba, come veniva chiamato dagli amici, a fine novembre avrebbe riscosso un bel gruzzolo per gli arretrati della pensione di invalidità totale che gli spettava a causa dell’abuso negli anni di sostanze stupefacenti.
A collegare, quantomeno, il 14enne e Gambino ci sarebbero poi due telefonate che il 43enne avrebbe fatto al minorenne la sera prima dell’omicidio e la sera seguente quando il 14enne era già stato fermato dai carabinieri e quindi rimasta senza risposta. L’analisi delle intercettazioni disposta dalla pm Sara Mantovani (presente ieri davanti ai giudici della libertà milanesi in collegamento da remoto) ad un consulente tecnico dirà se si tratta di indizi interessanti per confermare le accuse contro il 43enne. E se sono ritenuti convincenti per il Tribunale del Riesame.