
Quando la tradizione è rock Il dialetto ritorna al futuro "Ora un Sanremo lombardo con la musica delle origini"
di Fabio Luongo
Radici e modernità che vanno a braccetto. Quanto efficace e contemporaneo sia usare oggi la lingua dialettale nelle canzoni nessuno lo può dire meglio del brianzolo doc Renato Ornaghi, che da anni è l’alfiere di una pratica moderna di quella che lui chiama la “lengua mader“, che nella fattispecie è il lombardo occidentale, di cui pure il brianzolo è espressione. Ne sono un esempio le sue traduzioni dei Beatles, dei Rolling Stones e di Bob Dylan, che hanno preso forma nei dischi “Praa de magioster per semper - The Beatles in the Brianzashire“ (ossia “Strawberry fields forever“), “Comè on sass borlant - The Rolling Stones in Brianza country“ e “Dylan lombard - El mej de Bob Dylan in lengua mader“.
Perché usare il dialetto per scrivere canzoni?
"C’è tanto fermento: che anche un cantante che ha sempre lavorato in italiano, come Lorenzo Monguzzi, si stia portando verso le radici è un elemento di interesse. La canzone dialettale in Brianza è un po’ come un fiume carsico: riemerge più volte. Perché la lingua è madre, è qualcosa di ancestrale. Qualsiasi autore di testi e musica presto o tardi sente questo richiamo della prima lingua. In Brianza abbiamo avuto Francesco Magni, cantautore che è stato padre di tutti noi e che ci ha lasciato con una bella responsabilità: tenere alto l’idioma. È la buona battaglia da combattere, come diceva San Paolo. È una responsabilità per noi boomers, che siamo forse gli ultimi epigoni di una lingua che i giovani sentono sempre meno. Per questo è importante la musica: è il canale che arriva rapidamente a tutti. Personalmente è da tanto che ho in mente di organizzare una sorta di Sanremo lombardo: mettere assieme una serie di artisti che, di qua e di là dell’Adda, praticano il dialetto, dei veri e propri local heroes. Sarebbe una sorta di riunione, una volta l’anno, in cui ciascuno mette sul piatto le sue idee ed esperienze".
Quanto è attuale oggi il dialetto in musica, nelle canzoni?
"L’attualità del dialetto è fortissima: è quella di una lingua mai morta. Sicuramente non buca gli schermi, anche perché è un discorso lento, è un tema di nicchia, ma tocca corde profonde. Anche il più globalizzato dei globalizzati quando sente una parola nella lingua della sua mamma non resta indifferente. È un po’ come la madeleine di Proust. Bisogna giocare su questa capacità del dialetto di andare alle radici della nostra infanzia".
Ma quanto è rock il dialetto?
"Sicuramente il dialetto ha come vocazione di graffiare alle corde della memoria, però l’uso che ne faccio io cavalca le onde del rock: il brianzolo si presta magnificamente per il rock, per gli elementi fonetici, la ricchezza di tronche, la brevità delle parole. Ci ho costruito la mia carriera di “cantraduttore“ su questa affinità tra l’inglese del rock e il nostro dialetto".
Quindi oggi il dialetto si può ancora usare in chiave moderna nelle canzoni o serve solo a mantenere vive le tradizioni?
"Diversi cantanti lo utilizzano in modo creativo: c’è tutta una galassia di artisti che lo usa per realizzare cose nuove, c’è tanto, tanto fermento. La difficoltà vera è arrivare al pubblico".
Intanto domani, giorno di San Patrizio, con un concerto di strada itinerante riproporrà i brani di “Irlanda Lombarda - Canzon de la tradizion popolar irlandes voltaa in lengua mader“...
"L’anno scorso ho pubblicato questo disco di canzoni iconiche della tradizione irlandese tradotte in lingua madre brianzola. Ebbene, uno dei simboli dell’Irlanda è il trifoglio, perché si racconta che San Patrizio lo usò come immagine per spiegare la Trinità cristiana ai Celti, che lui ha convertito: anche la Brianza è una ma è trina, perché suddivisa in 3 province. Così suonerò alcune di quelle canzoni nelle tre province brianzole, a Monza, Cantù e Merate".