A dicembre il quinto processo per i due baby killer del pusher delle case popolari, che attendono liberi la sentenza definitiva dopo l’altalena di condanne e giudizi bis. A 14 e 15 anni, il 30 novembre 2020, la coppia di ragazzini ha inferto più di 30 coltellate a Cristian Sebastiano, 42 anni, di fronte alla sua abitazione nel quartiere San Rocco e gli ha rapinato una dose di cocaina. Nel primo processo col rito abbreviato il Tribunale per i minori di Milano li aveva condannati a 14 anni e 4 mesi di reclusione, pena poi confermata anche in Appello. In questa sede la difesa degli imputati aveva chiesto e ottenuto di approfondire la questione sulla presunta infermità mentale dei minorenni, dettata dalle condizioni disagiate di crescita personale e dall’abuso di sostanze stupefacenti fin dalla pubertà.
La Corte di Appello aveva nominato un perito psichiatrico, che aveva concluso per una "largamente scemata capacità di intendere e di volere". Secondo i giudici di appello, invece, non risultavano comunque provate "compromissioni psicopatologiche" e avevano avallato la condanna. Gli avvocati dei minorenni, Maurizio Bono e Renata D’Amico, avevano allora deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, che aveva annullato la sentenza e rimandato a un secondo processo di appello motivando che i primi giudici milanesi, "in assenza di un adeguato supporto scientifico", avevano "disatteso le conclusioni della perizia psichiatrica svolta da un esperto nominato dalla stessa Corte minorile". Il nuovo collegio di giudici ha quindi disposto una nuova perizia psichiatrica, che invece ha escluso per entrambi gli imputati incapacità, anche parziali, di intendere e di volere. E per la presunta intossicazione cronica di droga dagli 11 anni, i periti hanno escluso danni cognitivi che possano averne compromesso il funzionamento mentale. Da qui la nuova condanna, lievemente abbassata, a 12 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione, ritenute le attenuanti generiche e della minore età prevalenti (e non equivalenti come nella prima sentenza) sulle aggravanti dei reati di omicidio volontario premeditato e rapina contestate. Niente ‘sconto’ per infermità mentale parziale e niente messa alla prova a svolgere lavori socialmente utili per estinguere i reati commessi.
I due ragazzi sono stati nel frattempo scarcerati per la scadenza dei termini di custodia cautelare e torneranno eventualmente in carcere solo a sentenza definitiva. Ma nel frattempo hanno dovuto abbandonare il percorso di recupero che stavano affrontando con ottimi risultati. Almeno per il più piccolo dei due, che intanto ha ottenuto di entrare in una comunità. Ora i loro legali hanno deciso di presentare un’altra volta un ricorso alla Corte di Cassazione.