di Paola Pioppi
Una banda di sette rapinatori che lavorava in gruppetti variabili, che per mesi avrebbe realizzato colpi tra Cantù, Montano Lucino, Lissone, Appiano Gentile, Giussano e Segrate.
Quasi sempre armati di pistola per minacciare cassiere e commessi, farsi aprire la cassaforte dove presente, bottini variabili tra i tre e i seimila euro, ma a volte anche merce alimentare e televisori o aspirapolveri, presi a forza dai supermercati.
L’indagine condotta dai carabinieri di Cantù, partendo da alcuni colpi realizzati in provincia di Como tra fine 2020 e inizio 2021, ieri mattina ha portato in carcere sette persone, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Como.
Sono Antonio Di Fazio, 48 anni (che si trovava agli arresti domiciliari) e Marianna Bellavista, 40 anni, entrambi di Mariano Comense, Mauro Conte, 30 anni e Maurizio Cocciolo, 45 anni entrambi di Rho, Gaetana Cimino, 53 anni di Lissone, Luca Rigon, 19 anni di Limbiate e Eduart Mastrangioli Arapi, 42 anni di Sulmona.
Vengono attribuite loro, a vario titolo, undici rapine: dieci a supermercati o negozi, mentre Conte e la Cimino, assieme a Di Fazio e alla Bellavista, avrebbero aggredito e rapinato del Rolex e di 350 euro un uomo, il 16 febbraio a Limbiate, colpendolo con un pugno.
Il solo Rigon avrebbe commesso la rapina al Maxizoo di Lissone del 16 marzo, 4300 euro di bottino.
Il rapinatore aveva strattonato un commesso che in quel momento era vicino alla cassa, costringendolo ad accompagnarlo negli uffici e a digitare il codice di apertura della cassaforte. Aveva poi intimato ai dipendenti di sdraiarsi a terra ed era fuggito.
A Di Fazio viene attribuito il colpo dell’11 maggio al Maxizoo di Giussano, 5700 euro: assieme a un complice non identificato, dopo aver forzato la porta di ingresso, che in quel momento era chiusa, i rapinatori avevano puntato una pistola contro il responsabile del negozio e minacciato gli addetti alle vendite, facendosi consegnare il denaro per poi fuggire in moto.
Partendo dal gruppo a cui ora vengono attribuiti i colpi di Cantù e Montano Lucino, i carabinieri sono risaliti anche agli altri soggetti con cui erano in contatto e con i quali avrebbero commesso le altre rapine. In alcuni casi, prima di fuggire i rapinatori manomettevano i sistemi di allarme, tranciando i cavi.