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Monza, recuperati i quadri di Renoir e Rubens rubati da finto rabbino

La falsa compravendita, per 26 milioni di euro, sotto sotto la sede del Consolato onorario d’Albania

I quadri recuperati

Monza, 20 luglio 2018 -  La banda era già finita dietro le sbarre lo scorso giugno. lI finto rabbino e facoltoso collezionista d’arte, che altri non era in realtà che un ladro professionista di origine croata. I due fratelli monzesi titolari di una società immobiliare, casualmente ubicata sotto la sede del Consolato onorario d’Albania e nei cui locali era stata organizzata la finta compravendita dei quadri. Ai domiciliari erano invece finiti i fornitori delle utenze telefoniche attraverso le quali erano transitate le trattative. Mentre altri due mediatori erano stati denunciati. Quelli che mancavano all’appello erano invece i due preziosissimi dipinti rubati, oggetto di una finta trattativa di acquisto e sottratti invece un anno fa con il più banale degli stratagemmi: stiamo parlando di un olio su tela del grande pittore impressionista francese Pierre-Auguste Renoir e di un olio su tavola del pittore fiammingo Peter Paul Rubens. Titolo, rispettivamente, “Le fanciulle sul prato” e la “Sacra famiglia”. Valore 26 milioni di euro.

O, almeno, questa è la cifra che era stata pattuita con i due proprietari, due galleristi (un cagliaritano e una piemontese), che si erano trovati invece lo scorso 20 aprile 2017 derubati nell’ufficio della trattativa, un’elegante palazzina di via Quintino Sella, al quartiere San Biagio di Mona. Finalmente però i carabinieri, dopo aver messo alle mani su tutti gli attori di questa impresa criminosa, sono riusciti a recuperare anche i due dipinti: la loro presentazione alla stampa, prima dell’effettiva restituzione ai legittimi proprietari, è prevista per questa mattina alla Villa Reale di Monza, presso la sede del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Saranno presenti il Procuratore Capo Luisa Zanetti, il Comandante del Gruppo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Tenente Colonnello Valerio Marra, oltre al maggiore Francesco Provenza, Comandante Tpc di Monza. Vale la pena ricostruire ancora una volta quello che si rivelò un colpo dagli aspetti quasi cinematografici.

A cominciare dall’identità assunta dal ladro materiale, che si era spacciato per mesi per un facoltoso rabbino, Samuele Graham Levy, autorevole membro della comunità ebraica milanese e profondo conoscitore della storia dell’arte. Era stato proprio lui a dirsi interessato ad acquistare le due prestigiose tele, dopo trattative molto meticolose. Il giorno del finto acquisto, però, era andato in scena il clamoroso furto. Dopo essersi dati appuntamento appunto in via Quintino Sella, approfittando della vicinanza della sede del Consolato onorario d’Albania (del tutto estraneo alla vicenda) per avvalorare la credibilità degli acquirenti, era stato sottoscritto il finto contratto. Poi, con la scusa di una telefonata, il finto rabbino si era allontanato, approfittandone invece per prendere i quadri e caricarli su un furgone. Il suo complice, con la scusa di offrire un caffè, aveva pensato a distrarre il gallerista mentre i quadri sparivano sotto i suoi occhi. E si era quindi dileguato pure lui.