Monza, 8 agosto 2024 – Leucemia linfoblastica acuta, scoperte due proteine “contrabbandiere“ in grado di alimentare le cellule malate nonostante la chemioterapia. Ma in laboratorio i ricercatori della Fondazione Tettamanti di Monza e dell’università di Parma, utilizzando due farmaci inibitori, sono riusciti a bloccare la loro funzione portando alla morte le cellule tumorali. Ora “ulteriori studi potranno chiarire come sfruttare al meglio a livello terapeutico questa scoperta”: è questa la missione di Giovanna D’Amico, scienziata monzese della Tettamanti all’Irccs San Gerardo di Monza. In pratica, i trasportatori individuati possono rappresentare, in prospettiva, un nuovo bersaglio terapeutico in grado di migliorare l’efficacia della terapia. Questa nuova frontiera di cura è stata pubblicata dal British Journal of Haematology. Lo studio si inserisce in un’attività di ricerca che la Fondazione Tettamanti porta avanti in modo specifico sul microambiente tumorale, ovvero “l’ecosistema“ composto anche da cellule sane all’interno del quale proliferano le cellule maligne.
“Da questa scoperta terapie più efficaci”
La comprensione adeguata dell’interazione tra queste ultime e l’ambiente circostante è fondamentale per rendere più efficaci le terapie. Tra le terapie per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta c’è l’utilizzo dell’asparaginasi, un agente chemioterapico che priva le cellule malate dell’aminoacido asparagina e le porta alla morte. Tuttavia, la resistenza al farmaco che si registra in diversi casi è un segnale del fatto che le cellule maligne sono comunque in grado di procurarsi questo composto per loro vitale. “L’inibizione dell’attività dei due trasportatori chiave – sottolinea Giuseppe Taurino, borsista della Fondazione Veronesi nel laboratorio di patologia generale dell’università di Parma – impedisce alle cellule leucemiche di internalizzare non solo l’asparagina presente normalmente nell’ambiente circostante, ma anche quella fornita specificamente al tumore dalle cellule mesenchimali stromali, impedendo in questo modo che queste cellule aiutino il tumore a resistere alla terapia”.