Un ponte per la memoria, per continuare a ricordare storie come quella di Enrico Bracesco, deportato nei campi di sterminio quando la figlia Milena aveva solo 2 anni. O come quella di Giuseppe Scotti, contadino brianzolo impegnato nella Resistenza, che sfuggì alla cattura e alla morte anche grazie all’amicizia. O le vicende più note del monzese Carlo Prina, di Vladimiro Ferrari, di Giovanni Battista Stucchi, comandante nella Repubblica partigiana dell’Ossola. Tutte rievocate da figli, nipoti e discendenti, e riunite nel film documentario “Rivoluzioni silenziose“, che ha raccolto le testimonianze di alcuni parenti dei partigiani brianzoli e di persone di origine ebraica che subirono persecuzioni e deportazioni. Dietro l’iniziativa, la cooperativa monzese La Meridiana con il progetto Generazione Senior. Il documentario verrà proiettato in anteprima domani alle 18 al Teatro Binario 7 e sarà poi disponibile sulla piattaforma EasyTv, che ha coprodotto il film.
"Come Generazione Senior – spiega Alessandra Crippa, referente del progetto – abbiamo deciso di occuparci della Giornata della Memoria perché i senior sono esattamente il collegamento tra la generazione che quei fatti li ha vissuti personalmente e le generazioni future. Nel corso del 2023 sono state raccolte le testimonianze video con l’obiettivo di creare un memoriale digitale per tenere viva la memoria, creando un dialogo e un senso di appartenenza comunitaria". "Volevamo realizzare un archivio per non dimenticare cosa è successo – racconta il regista Riccardo Scotti –. Dopo aver girato un paio di interviste abbiamo fatto ulteriori ricerche e siamo riusciti a collegare tutte le storie, creando un quadro generale. Da lì è nato il documentario. Siamo partiti dalla vicenda di Enrico Bracesco, deportato prima a Fossoli e poi in un lager in Austria. A Fossoli venne portato anche Carlo Prina, di cui ci hanno parlato le discendenti Angela e Laura". "Per me è anche una storia un po’ personale – sottolinea Scotti –, perché nel documentario c’è anche la vicenda di mio nonno, Giuseppe Scotti, un contadino di Carugate che ha combattuto come partigiano: ho intervistato mio padre che ne ha ricostruito la storia. Sono fatti che il nonno raccontava a mio papà e che lui mi ha narrato, come quando il nonno una volta stava per essere fucilato, dopo essere stato preso dai fascisti; uno dei fascisti era però un suo amico, che non se l’è sentita di sparargli: così ha sparato agli altri suoi commilitoni e si è unito ai partigiani. E in questo modo mio nonno si è salvato. Il clima dell’epoca era quello: si scappava per i tetti quando i fascisti passavano a rastrellare per le case, e le donne nascondevano figli e mariti".
Sono otto le storie raccontate dal film, intrecciate una all’altra dalla voce narrante di Luca Pozzi. "C’è quella di Vladimiro Ferrari, partigiano ed ex vicesindaco di Monza, e quella di Franco Isman, all’epoca bambino ebreo, che rimase nascosto e ospitato in Val Chiavenna per un anno e mezzo – continua il regista –. Arriviamo a collegarci infine con chi, come Giulio Broggi, la guerra l’ha fatta come arruolato in marina, ma da prima che il conflitto scoppiasse, e si è ritrovato in mare aperto con una guerra che non aveva scelto di combattere o non combattere".