ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

Rosella Stucchi: "Vivevamo nascosti sotto falso nome"

Il padre guidò la Repubblica partigiana dell’Ossola

Il padre guidò la Repubblica partigiana dell’Ossola

Il padre guidò la Repubblica partigiana dell’Ossola

Non poteva mancare al corteo del 25 Aprile di quest’anno Rosella Stucchi, figlia del comandante partigiano monzese Giovanni Battista Stucchi, e presidente onoraria di Anpi Monza.

"Sono molto contenta di questo ottantesimo anniversario – sono le sue prime parole –. Siamo in un momento storico brutto, per cui oggi è importante più che mai trasmettere ai ragazzi i valori della Costituzione, nati come esito della Resistenza". Furono, quelli, anni tribolati e difficili. "Sono stata parecchio tempo senza vedere papà – ricorda –. Mia madre mi spiegava che lui doveva nascondersi sotto falso nome e che da grande avrei capito il perché. L’ultimo anno di guerra anche io mi dovetti nascondere sotto falso nome, a Milano. Lui è stato un esempio. Era un uomo coraggioso, pacato, equilibrato, mediatore. È stato un padre presente – prosegue –, e da nonno ancora più tenero. Io sono figlia unica, e i miei quattro figli con lui hanno avuto un rapporto speciale, hanno capito fin da piccoli le sue qualità".

Da ufficiale degli alpini nella ritirata di Russia, Stucchi divenne rappresentante dei partigiani italiani presso i servizi segreti americani e inglesi in Svizzera, fino a diventare comandante unico della Repubblica partigiana dell’Ossola nel 1944. Da questa esperienza nacque una redazione di riforme ad orientamento democratico, che sarebbero state d’ispirazione per la Costituzione.

Un bagaglio di principi antifascisti, che oggi Rosella si impegna a tramandare nei tanti incontri nelle scuole. Impegnato come lei, il marito Franco Isman, ebreo triestino vittima delle leggi razziali, che dal ‘38 fu costretto con la famiglia a lasciare Trieste e a trasferirsi a Milano, e dopo varie (e miracolose) vicissitudini finire, al termine della guerra, a Monza, dove 74 anni fa sposò Rosella.

Altrettanto toccante la storia di Milena Bracesco. Figlia di Enrico Bracesco, antifascista, deportato a Mauthausen e assassinato nel Castello di Hartheim, oggi è vicepresidente di Aned Sesto San Giovanni-Monza e presidente del Comitato Pietre d’inciampo Monza e Brianza.

Il padre fu uno dei personaggi più noti della Resistenza brianzola. Operaio alla Breda - e iscritto al Partito Comunista clandestino dal 1935 - fu tra gli organizzatori dei primi scioperi del ’43, e per questo condannato a un anno di carcere, di cui scontò 5 mesi. Questo non fermò la sua instancabile attività sovversiva nei confronti del regime. Purtroppo un incidente durante un trasporto d’armi, gli fece perdere la gamba destra, fino alla cattura dei militi fascisti. "Era un lottatore incredibile – commenta la figlia Milena – che non si sarebbe arreso anche ai tempi odierni. Non l’ho potuto conoscere direttamente perché avevo solo 2 anni quando fu catturato, ma ho ereditato le testimonianze di nonni e mamma. Ora a mia volta mi impegno a trasmettere il suo esempio a bambini e ragazzi nelle scuole".

Presente a Monza anche un altro familiare di un partigiano, Zelindo Giannoni, nipote di Gaspero Giannoni, anch’egli operaio della Breda che prese parte agli scioperi del marzo ’43 e del ’44, che gli valsero l’arresto e la tortura al campo di concentramento di Dachau. Morì solo due giorni dopo il rientro in Italia. Il fratello, padre di Zelindo, fu licenziato per il solo legame di parentela. Il 7 giugno l’Aned lo commemorerà a Sesto San Giovanni, la sua città, nell’80° anniversario dalla scomparsa.

A.S.