MARCO GALVANI
Cronaca

Sapio, si respira aria di casa. È il miglior posto dove lavorare: "Le persone prima del business"

È tra le prime dieci nella classifica nazionale che misura il clima che gli operai vivono in azienda. Il presidente del Gruppo Alberto Dossi: "I dipendenti fanno parte della nostra famiglia".

La Sapio è tra le 10 miglior aziende italiane dove lavorare

La Sapio è tra le 10 miglior aziende italiane dove lavorare

Monza, 4 ottobre 2023 – Uno dei migliori posti dove lavorare? La Sapio di Monza. L’impresa familiare nata nel 1922 producendo idrogeno e diventata un colosso di oltre duemila dipendenti tra Italia, Francia, Spagna, Germania, Slovenia e Turchia, con un fatturato di oltre 700 milioni di euro e un ‘catalogo’ di gas che servono la sanità e l’industria, è stata ’premiata’ da Great place to work Italia, azienda leader nello studio e nell’analisi del clima aziendale. Dietro il traguardo del Gruppo Sapio ci sono tre segreti: "Mettere passione nel lavoro, credere nelle donne e negli uomini che collaborano con te e innovare". La filosofia si legge nelle parole del presidente Alberto Dossi. Lui stesso confessa che "tutte le mattine scendo dal letto e mi dico che devo meritarmi la sedia che occupo".

Presidente, a quante persone deve dare il buon esempio?

"Il Gruppo Sapio conta circa 2.400 persone. Solo in Italia ci sono 1.070 persone, di cui 862 tra impiegati, dirigenti e quadri e 188 operai. Circa 23 sono uomini (715) e 13 donne (335). Con un’età media di 45 anni".

Quali sono i fattori chiave che hanno portato a questo riconoscimento?

"Sapio ha un legame molto stretto con i propri collaboratori, fin dalla fondazione. L’anzianità aziendale media di oggi si aggira sui 15 anni, un valore enorme se pensiamo che nell’attuale forza lavoro ci sono anche molti giovani. Questo significa che chi entra in Sapio si sente seguito e capito, sicuramente non si sente un numero a prescindere dal ruolo che ricopre".

Quali sono le attenzioni dell’azienda nei confronti dei dipendenti, sia sul fronte lavorativo sia sul piano del benessere personale e familiare?

"Ci sono diversi aspetti. Penso ad esempio a un buon equilibrio tra lavoro-vita privata. In Sapio c’è molta flessibilità e, dove il ruolo lo consente, parte del lavoro può essere effettuato in remote working. Poi da qualche tempo c’è lo psicologo in azienda. Le richieste per consulti con psicologi sono in forte aumento, abbiamo quindi deciso di mettere a disposizione dei nostri collaboratori questo consulto, in modo gratuito naturalmente. Sempre in ambito salute, offriamo il vaccino antinfluenzale e stiamo valutando la possibilità di garantire convenzioni per screening. Abbiamo adottato da anni una piattaforma di welfare aziendale e un portale per le convezioni con palestre, negozi e servizi aggiuntivi. Infine, cosa a mio avviso tra le più importanti, assicuriamo una formazione aggiuntiva per donne che rientrano al lavoro dopo la maternità, devolviamo borse di studio per diplomi e per lauree ai figli di dipendenti, diamo un riconoscimento anche economico a chi è in azienda da 25 anni e ci prendiamo cura dei familiari dei dipendenti del gruppo che vengono a mancare".

Perché lo fate?

"È sempre stato così? Il motivo che ci spinge in questa direzione è il forte desiderio di essere un’impresa sociale nei fatti e di essere riconosciuti come tali. Oggi il ruolo delle aziende è cambiato, sempre più sono punti di riferimento per la comunità di collaboratori e loro familiari, nonché per l’ecosistema circostante che è fatto di fornitori, clienti, pazienti. Darsi un ruolo sociale significa mettere la persona al centro, a cominciare da chi fa parte della “famiglia Sapio”.

Cosa vuol dire lavorare in Sapio?

"Vuol dire far parte di una grande comunità in cui sono i valori che guidano il business e non viceversa. Valori che erano gli stessi dei nostri fondatori, 100 anni fa, come la responsabilità, l’educazione, la gentilezza, il rispetto delle persone, per non parlare dell’onestà o della lealtà. Questo diamo e chiediamo allo stesso tempo ai nostri collaboratori. Ma significa anche far parte di un grande progetto comune in cui l’impresa non è solo posto di lavoro, ma un luogo di condivisione e di socialità in cui si guardano gli obiettivi, primo fra tutti il bene comune dell’azienda e di chi ci lavora".