REDAZIONE MONZA BRIANZA

Senza tempo. Da Berengario a Lucio Fontana

Il patrimonio del Serpero e del padiglione Gaiani spazia dalla regina dei longobardi ai giorni nostri.

L’ala più nuova del Museo del Duomo realizzata dalla famiglia Gaiani Sullo sfondo il vecchio rosone

L’ala più nuova del Museo del Duomo realizzata dalla famiglia Gaiani Sullo sfondo il vecchio rosone

Fra gli ultimi capolavori che impreziosiscono il Duomo di Monza si trovano le vetrate collocate nel presbiterio, opera di Sandro Chia, esponente del movimento neoespressionista della Transavanguardia. Raffigurano Sant’Ambrogio e San Carlo, figure chiave della devozione lombarda, reinterpretate secondo lo stile Chia, rese luminose da tinte calde e accese. Sullo sfondo il nome del santo crea una trama decorativa.

Realizzate nel 2019, dopo un breve periodo di esposizione nelle sale del Museo e Tesoro del Duomo, sono state messe in opera in Duomo nel 2022. Il Museo ne conserva i cartoni preparatori, realizzati dallo stesso Sandro Chia nel 1995, a dimostrazione del lungo e complesso processo di creazione dell’artista e della sua bottega. Contemporanea anche la piccola Crocifissione di Lucio Fontana, una ceramica smaltata del 1953, entrata nel Museo agli inizi degli anni Duemila, grazie alla volontà del proprietario di renderla disponibile al pubblico, come parte del nuovo percorso espositivo. Volendo mappare il complesso museale, lo si scopre costituito dal museo Serpero, nato nel 1963, e dal museo Gaiani, in tutto circa 300 pezzi, realizzato per la necessità di spazi espositivi dove sistemare la grande quantità di opere del Duomo e di altre chiese cittadine, di acquisizione antica o più recente. La progettazione architettonica fu affidata all’architetta Cini Boeri; quella storico artistica al comitato scientifico istituito nell’ambito della Soprintendenza ai beni storici e artistici di Milano.

Al “vecchio“ Serpero si trova il Tesoro del Duomo che inizia con i lasciti della regina Teodolinda e di re Berengario: la corona di Teodolinda, la croce di Adaloaldo, la croce di Berengario, la chioccia e i pulcini, e numerosi oggetti liturgici e devozionali. La Corona ferrea è invece custodita nella cappella di Teodolinda, affrescata dagli Zavattari. l “nuovo“ Gaiani copre gli ultimi sette secoli, suddiviso in quattro sezioni. La prima è dedicata all’età dei Visconti, con l’illustrazione delle opere di Matteo da Campione, che curò il rifacimento della facciata del Duomo e realizzò il pulpito, e il calice di Gian Galeazzo Visconti, la statuetta devozionale in argento di San Giovanni e il grande affresco della Messa di San Michele. La seconda sezione considera il periodo degli Sforza col famoso polittico Fossati Bellani, un incunabolo della pittura lombarda, la pala d’altare della Vergine, un polittico di terracotta che si trovava, scomposto, nella chiesa di San Pietro Martire, oltre alle vetrate del rosone originario quattrocentesco e agli arazzi fiamminghi restaurati. La terza sezione è dedicata all’età dei Borromei, dei Durini e degli Asburgo, alla decorazione barocca, con l’esposizione di numerosi quadri. L’ultima sezione comprende i bozzetti in gesso dell’altare maggiore realizzati da Angelo Pizzi su disegni di Andrea Appiani.

C.B.