"Sono rimasta colpita da un particolare, che i compagni si sentissero in colpa per aver lasciato la loro prof da sola. Evidentemente, allora, c’erano dei campanelli d’allarme che avrebbero dovuto far capire che potevano esserci dei problemi".
Elena Ritratti è psicologa penitenziaria, e oltre che nel suo studio, lavora molto cin le carceri. L’episodio del liceo di Seregno non può che fare riflettere. "Ci sono sempre più episodi di violenza nelle scuole, bisogna fare attenzione ai campanelli che possono segnalare disturbi della condotta nell’età evolutiva".
Cosa sta succedendo?
"I ragazzi soffrono di disturbi di ansia, depressione, rabbia, frustrazione. Appaiono sempre più fragili, portati a reagire anche con violenza a queste forme di disagio. Non conosco il caso di questo ragazzo, ma posso riflettere sul fatto che molte di queste fragilità sono dovute a una società sempre più competitiva e ‘richiedente’ nei confronti dei giovani, con modelli imposti dalla televisione e dai social che possono essere troppo ingombranti e porre i ragazzi di fronte a pressioni e paragoni davanti ai quali si sentono inadeguati".
Certe ‘reazioni’ possono apparire incomprensibili.
"Purtroppo spesso c’è un’incomprensione da parte dei ragazzi del fatto che ogni loro azione avrà una conseguenza pari alla sua gravità e qui sono troppo spesso le famiglie a non riuscire a spiegarlo ai propri figli. E così il ragazzo dominato dalla frustrazione può trovarsi a non riuscire a gestire i propri limiti e a non rendersi conto della portata delle proprie azioni".
Cosa fare? La fermezza del castigo è la soluzione?
"Inasprire le pene e le punizioni non basta, anche perché spesso a monte ci sono genitori che per primi incentivano questi modelli competitivi e che col proprio cattivo esempio incoraggiano o giustificano i comportamenti violenti dei figli. Bisogna fare attenzione ai messaggi pericolosi, genitori aggressivi nei confronti della scuola possono diventare un cattivo esempio, i professori sono spesso vittime di queste dinamiche. Mentre gli adolescenti, in questo delicato passaggio fra l’infanzia e l’età adulta assorbono questi messaggi. Bisognerebbe fare una riflessione coraggiosa sul ruolo genitoriale, forse a volte occorrerebbero percorsi di sostegno rivolti per primi agli adulti per cercare di educare i loro figli a valori come il rispetto".
Gli adolescenti sono spesso un mistero per mamma e papà. Consigli?
"Un consiglio che mi sento di dare è di prestare attenzione anche ai più piccoli segnali, occhio all’isolamento e ai troppi silenzi dei nostri figli: i ragazzi hanno bisogno dei propri spazi ma i silenzi prolungati possono celare rabbia e frustrazione pronti ad esplodere".
Psicologi a scuola?
"È una presenza fondamentale, che può fornire un supporto prima di tutto a insegnanti e poi ai ragazzi, che possono trovare qualcuno che voglia ascoltarli e aiutarli a gestire le emozioni. Una figura esterna alla famiglia che offra la possibilità di mediazione. E che, in caso di necessità, può allertare, con occhio clinico riguardo a situazioni significative ragazzi che manifestano disagio o disturbi conclamati che certo non possiamo pretendere vengano colti dagli insegnanti.Prima di quell’aggressione forse anche quel ragazzo di Seregno aveva manifestato il bisogno di essere ‘visto’ per come si sentiva".
Ora ci sarà la punizione.
"Ma non possiamo limitarci a costruire dei muri, prima bisogna fortificare delle radici che altrimenti resteranno fragili".
Dario Crippa